27 novembre 2008

CANI prodigio. Se un chimico, un ingegnere, un informatico e uno statale…


Un ingegnere, un contabile, un chimico, un informatico e un funzionario pubblico si incontrano, e ognuno di loro si vanta di avere un cane meraviglioso.

Per dimostrarlo l’ingegnere chiama il suo cagnolino: "Radicequadra, facci vedere cosa sai fare!”.
Il cane trotterella verso la lavagna e disegna un quadrato, un cerchio ed un triangolo.

Allora il contabile dice al suo cane: “Attivopassivo, mostraci le tue competenze!”. 
Il cane va in cucina, torna con una dozzina di biscotti e li ordina in tre pile uguali, ciascuna con quattro biscotti.

Il chimico dice: “Fialetta, fà il tuo numero!”. 
Il cane apre il frigo, prende un litro di latte, un bicchiere da 10 cl. e vi versa esattamente 8 cl. di latte senza farne cadere una goccia.

L’informatico, ormai sicuro di soppiantarli tutti, chiama il suo cane: “Discofisso, impressionali!”.
Il cane si piazza davanti al computer, lo avvia, fa partire un antivirus, spedisce una e-mail e installa un nuovo gioco.

I quattro, tutti soddisfatti, guardano il dipendente pubblico e gli chiedono con ironia: “E il tuo cane che cosa sa fare?”

Il funzionario pubblico, allora, con un sorriso, dice: “Pausacaffè, facci vedere i tuoi talenti!”.
Il cane si alza, mangia i biscotti, beve il latte, cancella tutti i files del computer, incula il cane dell’ingegnere, e giura che facendolo si è fatto male alla schiena, compila il formulario di incidente sul lavoro e prende un congedo per malattia di sei mesi.

[Abbiamo il fondato sospetto che questa divertente storiella sia stata inventata proprio dall'impiegato pubblico nullafacente della barzelletta, forse uno di quelli che stanno sempre al computer (dell'ufficio) ma per fatti propri. I pubblici funzionari, ovviamente, sono in maggioranza onesti e laboriosi, più o meno come i privati; ma una cospicua minoranza di loro rovina la reputazione dell'intera categoria, tanto che anziché vergognarsi si vanta delle sue furbizie alle spalle di tutti noi. Questa volta l'ignoto impiegato ha creato per evidente rivalsa psicologica contro i colleghi "privati" questa gustosa barzelletta, proiettando sull’innocente cane i vizi umani, troppo umani, di certi uffici pubblici. E il sorriso non deve farci dimenticare quello che c’è dietro]

JAZZ. L’impetuoso e velocissimo sassofonista Johnny Griffin in un entusiasmante assolo dal vivo (3.54) probabilmente risalente al periodo 1978-1980. Il medesimo quartetto può essere ascoltato nel grande album intitolato "Return Of The Griffin", nota un commentatore del filmato su You Tube.

AGGIORNATO IL 16 GENNAIO 2016

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12 novembre 2008

ITALIETTA. Quella Bruni provinciale che “si vergogna di essere italiana”

Non bastava la coscialunga Edvige Maino da Orbassano (Torino), poi Sonia, barista, dicono, per pagarsi gli studi in Gran Bretagna e figlia d'un operaio, rimorchiata dallo studente universitario Rajiv, nipote di Gandhi e pilota d'aerei? Oggi è la più importante donna politica italiana. Altro che la Finocchiaro, a cui il sari non starebbe neanche bene. Ma vive in India. E dell'Italia non vuole più sentir parlare. Figuriamoci noi di lei.
Ora anche in Francia esportiamo donne. Che regolarmente si dimenticano della madrepatria. Anzi, la rinnegano, come ha fatto l'antipatica Carla Bruni (per i francesi, che accentano tutto in modo monotono, “Carlà”). E ha fatto bene l'ex presidente Cossiga a dirgliene quattro. La ragazzotta, ex indossatrice, di famiglia ricca, alta, ossuta, tutto sommato bruttina quando è senza trucco (e i suoi nudi sono impietosi), e per di più ormai avanti negli anni, s’è montata la testa: crede di essere anziché la figlia d'un borghesissimo industriale, una "vera aristocratica". Già Agnelli ci aveva abituato a questa confusione tra il soldo e la erre moscia. Figuratevi ora la Carlà: deve prendere tutti i francesi, compresi i cascherini e le portiere, per nobili…
Ma la Bruni crede davvero di essere la reincarnazione dell’italiana Caterina de Medici, regina di Francia? Che aveva ben altra personalità e maturità. E che, al contrario della Bruni, almeno qualcosa di buono portò dall'Italia, l'odoroso dragoncello (éstragon per gli chauvinisti francofoni), e nonostante avesse di che vergognarsi, perché delitti e intrighi in casa Medici e fuori si sprecavano, non disse mai "mi vergogno di essere italiana", come ha in sostanza detto, a quanto riportano i giornali, Franca Bruni Tedeschi in Sarkozy. Quattro nomi: per una snob è il massimo. Ma facciamo un passo indietro.
Stazione di Napoli, fumosa sala d’aspetto di II classe, anni 80. Il grassoccio e sudaticcio rag.Esposito che ostenta una grossolana catena d’orologio d’oro sui pantaloni di due misure più grandi, cadenti in tripla piega sulle scarpe come voleva la moda meridionale (a proposito: oggi è diffusa in tutti i Paesi arabi), è agitatissimo, rosso in faccia, e sventola il biglietto del treno sotto gli occhi della moglie pallida. E’ al colmo dell’ira. Urla frasi sconnesse che la lontananza non mi permette di capire. Non so che cosa gli è capitato, quale sopruso ha subìto dalle Ferrovie dello Stato. Ma ad un certo punto, la sceneggiata tocca l’apice, il climax tanto atteso, e a voce più alta perché ascoltino tutti profferisce da consumato attore la fatidica frase: "Mi vergogno di essere italiano!". E si accascia stremato da tanta adrenalina sulla poltrona di simil-pelle nera delle FF.SS. E tutti riprendono a leggere i giornali.
Altri tempi? Macché. Si sono rarefatte, certo, le scene-madre in pubblico, almeno da Firenze in sù, ma sono ancora diffusissime le esternazioni a voce più bassa, ad uso esclusivo del piccolo cerchio di astanti. E oggi anche con mezzi tecnologici d’avanguardia, dalle tv locali ai blog. L’italiano teatrante medio, dalle Alpi a S.M. di Leuca, continua tuttora nel mediocre pezzo di bravura che consiste nel vergognarsi di essere se stesso. Solo che le interpretazioni, visti i personaggi, sono sempre meno credibili, sempre più gigionesche, istrioniche, stilizzate, con una nota acuta e isterica di troppo. Come gli assoli col birignao urlato della sessantenne "giovane innamorata" della mitica, sempre compianta, filodrammatica D’Origlia-Palmi.
E sì, quanti Fantozzi, tipici italiani d’una Italia deteriore, si sono vergognati di essere Fantozzi in Patria e all’estero, dove prima andavano da umili e taccagni emigranti e poi da turisti arroganti e spendaccioni. Lo testimoniano i tanti quadretti di vita tipici delle scrostate sale d’aspetto degli anni 50 e 60, degli scompartimenti dei treni degli anni 70, degli uffici delle Poste o dei Ministeri degli anni 80, degli uffici dei Comuni negli anni 90, delle sale d’attesa degli aeroporti degli anni 2000. Tutto cambia, ma nulla cambia in Italia.
Mi ha ricordato quei nostri, tipici, frustrati Fantozzi, l’ex indossatrice snob quando ha detto di essere felice di non avere più la cittadinanza italiana dopo la battuta di Berlusconi sul "giovanotto bello, alto e abbronzato" eletto presidente degli Stati Uniti. Battuta che è diventata infelice all’estero, dove regna l'ipocrisia più esasperata del politicamente corretto. Insomma, "oggettivamente", in formato esportazione, è stata una vera gaffe, ma che in Italia, amici giornalisti della Stampa Estera, non è una battutaccia da bar o razzista, anzi, semmai una abituale forma ironica da signora di provincia che vuole essere spiritosa, e attenua tutto con l’eufemismo, nel timore di dire spropositi parlando in modo leggero in spiaggia sotto l’ombrellone. Certo, questo non attenua la colpa del Presidente del Consiglio, che da comunicatore avrebbe dovuto sapere che ormai si parla sempre a reti unificate e globalizzate.
La conformista Bruni, che ovviamente non avrebbe detto nulla se la battuta fosse rimasta in Italia, si è comportata come qualsiasi turista becero che legge i giornali italiani all'estero. Si è vergognata "di riflesso" di essere italiana, solo dopo le proteste dell'opposizione in Italia e sui giornali stranieri. Ma così si è identificata nello stereotipo del tipico italianuzzo di sempre che all’estero - per vacanze o lavoro - omaggia i nuovi padroni e rinnega l’Italia. La Destra non si strappi troppo le vesti: per esperienza ho notato che sono più spesso i piccolo-borghesi di Destra a ricorrere alla sceneggiata del "mi vergogno di essere italiano". La Sinistra, semmai, scrive o denuncia ai giornali stranieri. Il che è anche peggio.
Resta, comunque, la curiosa tendenza della nostra Storia: l'Italia esporta, infiltra da secoli le sue donne in sovrannumero o inutili piazzandole in posti vicini al Potere altrui, guadagnando qualcosina in vantaggi politico-diplomatici oppure (oggi) nella bilancia dei pagamenti come testimonial indiretti del commercio estero. E sì, perché la "grande emigrata speciale", l’inutile Bruni appare sui giornali, e subito per associazione di idee l’acquirente-tipo europeo pensa ai tipici prodotti italiani: mozzarella, Ferrari, parmigiano, gorgonzola, Chianti, vestiti, lavandini e rubinetti. Speriamo che li compri.

Comunque l’ICE (Istituto per il commercio con l’estero) ha lavorato bene: con tutte le fighe francesi e tedesche che ci sono in giro, a differenza della Bruni belle, intelligente e pure dolci, è riuscito a rifilare una banale stangona, piuttosto legnosa e di carattere insopportabile, al complessato e goffo rag.Sarkozy, gambacorta e fisico penoso. E non è che l’intelletto, poi, sia granché, diciamo un politicien au deuxième étage, insomma di serie B, innalzato all'attico par hazard, per caso. La politica, si sa, è il regno incontrastato dei mediocri.
Bah, contenti loro, ‘sti scemi di francesi, si prendano pure Sarkò e Carlà. Tanto, sempre un popolo mediocre saranno, malgrado la grandeur, comprensibile delirio d’onnipotenza compensativo. E allora, come interpretare la quasi regale coppia? Anticonformismo o sciatteria? L'uno e l'altro. Diciamo una brillante mediocrità. Lei non è nessuno, ma si atteggia a gran dama. Lui non è nessuno, ma recita da politico creativo. Un giorno si dirà: "Pensa, quell’anno era presidente un certo Sarkozy…". "No, non ci posso credere", dirà un altro. "E si era anche sposato con l'indossatrice Carla Bruni..." Carla, chi?
Insomma, una mediocre, sgraziata, ma snob, coppia italo-francese. O franco-polacca e italo-francese? Il melting pot va molto oggi. Gli autoctoni europei e americani sono troppo pigri. E poi che autoctoni sono? Sono, siamo tutti un fritto misto, figli della società globalizzata, vaglielo a far capire a quel provinciale d’un terùn di Bossi che ha moglie siciliana e ama la pizza napoletana.
Ma sì, la Politica ormai è un "lavoro sporco". Per questo è ben pagato. E ormai i lavori sporchi non li vuol fare più nessuno. Per questo ci sono gli immigrati, anche per la Politica. Certo, di seconda generazione. "Assumonsi immigrati, purché educati, che non sputino per terra e dall'inossidabile faccia di bronzo, per stressante lavoro di Capo di Governo, disposti ad assumersi rischi di impeachment e deferimento alla magistratura". E se una coppia nera kenio-americana va alla Casa Bianca, che è già un ossimoro (anche se dopo scandali e crisi quella Casa non è più tanto bianca, ma del resto neanche lui è proprio nero, piuttosto mulatto), una coppia italo-polacca, anche questa di seconda generazione, può ben stare all’Eliseo al posto nostro, no? Sai che palle!
Terroni, polacchi, italiani, polentoni, latinos, mafiosi, camorristi, berluscones? Dipende, tutto è relativo. Ognuno di noi, purtroppo, è terrone, negro, italiano o berluscone rispetto a qualcun altro. E’ il nostro destino. Per fortuna, c'è sempre qualcuno più razzista di noi.
IMMAGINI. Caterina de' Medici, moglie di Enrico II, re di Francia, e Carla Bruni, moglie di Nicolas, presidente di Francia. Notate qualche rassomiglianza? Noi no.

JAZZ. Ecco il sassofonista Ben Webster con un gruppo di musicisti di Count Basie in Flying Home. Si notano Webster, il trombettista Buck Clayton, il chitarrista Mundell Lowe che ha un suono che ricorda maledettamente Charlie Christan, il trombonista Benny Morton. Ottimo swing dal vivo.

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