25 ottobre 2009

MUSEO. Quando i “vu cumprà” erano veneti e padani emigrati in America

Finalmente, dopo tanti progetti accantonati e tante promesse non mantenute, apre a Roma nel complesso del Vittoriano il museo nazionale dell’emigrazione, a testimoniare un esodo doloroso durato oltre un secolo di 29 milioni di Italiani, dei quali meno di un terzo è ritornato in patria e che in alcuni momenti, per le dimensioni macroscopiche del flusso e per le condizioni disumane con le quali è avvenuto, si è configurato come un vero e proprio genocidio.
Visitarlo è importante per meditare sulla circostanza, sottolineata ieri dal Presidente Napolitano all’inaugurazione, che l’Italia è un paese di emigrazione prima che di immigrazione. Questo magmatico fenomeno, segnato da infinite vicissitudini, ha trovato ora un luogo concreto, dal pregnante valore simbolico, dove possa essere raccontato alle nuove generazioni, che sono invitate a conoscere il nostro passato per sapersi adeguatamente comportarsi oggi, che siamo divenuti un paese in grado di offrire lavoro e benessere ad altre popolazioni.
Il percorso espositivo si avvale delle più avanzate tecnologie in campo di comunicazione audio visiva e tecnologia virtuale ed è suddiviso in cinque sezioni, che coprono diversi periodi storici dal periodo pre unitario ai nostri giorni.
Le antiche emigrazioni, quando l’Italia era costituita da una miriade di piccoli stati, rappresenta una interessante sorpresa anche per chi ha già letto e studiato l’argomento e le mete erano rappresentate principalmente dalla Francia e dalla Germania.
Dal 1861 al 1915 cominciano i giganteschi esodi verso l’America ed il centro Europa, è l’epoca eroica dell’emigrazione, durante la quale si sono spostati un numero considerevole di Italiani, spesso accompagnati dalla propria famiglia.
Viene poi esaminato il periodo tra le due guerre mondiali, in rapporto al fascismo, al colonialismo ed alle migrazioni interne, tenuto conto che con la grande depressione del 1929 negli Stati Uniti furono varate norme restrittive.
Segue poi l’esame dei flussi nel secondo dopo guerra, quando il miracolo economico provocò, oltre a ondate migratorie verso l’estero, anche un epocale spostamento di popolazione da sud a nord.
Infine l’attuale realtà della presenza italiana all’estero, fatta da quattro milioni di unità, caratterizzata da un’elevata qualificazione: cervelli pregiati ed imprenditori.
Questo cammino nel dolore di un popolo costretto a trovare lontano dalla patria i mezzi per sopravvivere è corredato da tabelle esplicative, fotografie, documenti, giornali, manifesti, video, film storici, oggetti caratteristici, vecchie cartoline, valigie di cartone ed altri cimeli di famiglia. In alcuni punti è possibile ascoltare antiche canzoni o vedere piccoli quanto rari filmati dell’istituto luce.
Vi è poi una ricca biblioteca specializzata con oltre 500 testi sul’emigrazione utile per studenti e studiosi desiderosi di approfondire l’argomento ed una sala dove è possibile assistere ad un documentario di un’ora con interviste a dieci celebri registi da Salvatores a Squitieri, da Montaldo a Crialese, che si sono interessati al problema intervallate da brani dei loro film.
Non manca un settore dedicato a coloro che oggi cercano fortuna e lavoro in Italia con 60 foto che ci rammentano come il dramma dell’emigrazione non cambia con il tempo: i raccoglitori di pomodori nel foggiano o gli anonimi vu cumprà che affollano le strade ed i mercati delle nostre città.
Le immagini più commoventi sono però quelle che si riferiscono alle vicissitudini dei nostri antenati, quando per la penisola giravano 30.000 procacciatori di carne umana, che organizzavano questi viaggi oltre oceano, con modalità che ricalcano quelle dei moderni negrieri, utilizzando piroscafi vecchi di decenni, stipati fino al doppio della capienza ed in assenza di qualunque presidio igienico sanitario.
Vengono rammentati alcuni episodi dimenticati come il naufragio nel 1891 davanti al porto di Gibilterra della nave "Utopia" con la morte dei 576 passeggeri tutti meridionali o il caso della "Matteo Brazzo", che nel 1884 fu accolta a cannonate nel porto di Montevideo, perché a bordo vi erano alcuni ammalati di colera.
Paradigmatico che il Brasile divenne meta dei nostri emigranti dopo il 1888, quando venne abolita la schiavitù e vi era necessità di nuovi schiavi.
Le partenze nei primi decenni dopo l’Unità avvenivano prevalentemente dal porto di Genova, perché le regioni più interessate al fenomeno erano, oltre al Veneto, anche il Piemonte e la Lombardia, quasi a sfatare definitivamente l’immagine stereotipata di un nord ricco che aveva civilizzato il sud. Quando poi la questione meridionale scoppiò in tutta la sua gravità e venne affrontata con metodi militari, cominciò l’esodo delle popolazioni meridionali e fu da Napoli che cominciarono a partire i famigerati bastimenti carichi di un’umanità dolente, carica di disperazione e di nostalgia, di ansia di riscatto e di antica dignità, anche se questa realtà trova difficoltà ad essere documentata con precisione per un incendio che anni fa ha distrutto gli archivi del porto napoletano.
Nell’immaginario popolare più corrente il binomio emigrante - meridionale, divenuto quasi un termine equivalente, risale a quegli anni dolorosi ed ha avuto poi un rinforzo quando nel secondo dopoguerra è avvenuto un esodo di dimensioni bibliche dal sud, sempre più povero, verso il nord divenuto ricco.
Questo splendido museo, che anticipa le celebrazioni per i 150 dell’Unità d’Italia, dovrebbe essere clonato e divenire itinerante, affinché tutti i cittadini possano visitarlo e soprattutto gli alunni di tutte le scuole, spesso accompagnati ad inutili mostre di arte contemporanea, mentre rimangono ignoranti di questa sofferta quanto interminabile parentesi del nostro passato.
ACHILLE DELLA RAGIONE
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JAZZ. Vitalità dei jazzisti. James Moody, celebre sax tenore suona a 83 anni in un conservatorio il classico song colemaniano Body and Soul. Si tratta di una registrazione amatoriale d'emergenza: dalle file del pubblico.

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20 ottobre 2009

INFLUENZA suina e umana. Un vaccino inutile non smentisce la regola generale.

I vaccini non introducono nel corpo umano chissà quali sostanze chimiche (come i farmaci, ma anche parecchi alimenti naturali) dal potenziale effetto dannoso. Al contrario, sono virus morti o attenuati che hanno il potere di stimolare la nostre stesse difese immunitarie naturali, e specialmente per i bambini piccoli sono essenziali, perché riducono o annullano i rischi di malattie anche gravi, con probabilità di effetti negativi molto basse, praticamente trascurabili.
      Però esistono vaccini secondari e facoltativi, non riservati ai neonati o ai bambini in età scolare, ma più spesso a malati o anziani, di cui è discussa l'efficacia, solo l'efficacia epidemiologica. Uno di questi è stato quello dell'influenza, cosiddetta "suina", secondo il nome di una variante che si è presentata per qualche anno.
      Sul vaccino "anti-suina" si sono scatenate le polemiche, ma anche l'umorismo dei commentatori. Influenza "suina"? Si chiama così perché "è l’influenza che quei porci di monopolisti dei vaccini hanno su OMS e Governi, per indurli a redditizie vaccinazioni di massa". Ecco, proprio come un tempo avrebbero detto i "comunisti trinariciuti" (dipinti come mostri con tre narici nelle colorite polemiche politiche degli anni 50), oggi è indotto a sospettare non solo il militante medio "No Vax" (anti-vaccini), ma anche chi si batte per la scienza, la Ragione e per la correttezza delle decisioni della Politica.
      Il fatto è che all’inizio dell’autunno e dei primi freddi, parte ogni anno la grande campagna di vaccinazioni di massa contro l’influenza stagionale. Ma quest'anno, coincidenza, anche la vaccinazione contro la cosiddetta influenza suina H1N1. E qui arrivano i problemi.
      Dopo il sospetto allarmismo dei mesi scorsi, e le inquietanti prese di distanza di noti epidemiologi e farmacologi, la domanda-cardine che si pongono tutti è: sono davvero necessarie queste vaccinazioni?
      Non è certo la prima volta che il mondo scientifico si interroga sui vaccini influenzali. Ci sono numerosi studi al riguardo. Intanto, sull'influenza stagionale gli studi rispondono "no". La scienza ha provato che l'efficacia preventiva dei vaccini inattivati è pari quasi a zero."The efficacy of inactivated vaccines is almost zero", ha infatti scritto in vari studi sull’evidenza scientifica dei vaccini antinfluenzali per l’età pediatrica il noto ricercatore T. Jefferson.
      E allora? Si vaccina la gente per "politica sanitaria", senza la minima "evidenza scientifica" di riduzione sostanziale del rischio. Prendiamo ad esempio la campagna di vaccinazione dei bambini di età scolastica.
"Esiste un divario fra gli obiettivi dichiarati dalla Sanità Pubblica per la campagna di vaccinazione dei bambini sani contro l’influenza e le prove della capacità dei vaccini inattivati di raggiungere questi obiettivi. Queste prove sono per lo più assenti. Ma questa assenza è nascosta all’occhio di un osservatore distratto da tutta una serie di errori e artifici, primi tra tutti la mancanza di rapporti sulle reazioni avverse". (Jefferson T. The prevention of seasonal influenza. Policy versus evidence. BMJ 2006;333:912-5; Jefferson T et al., Assessment of the efficacy and effectiveness of influenza vaccines in healthy children: systematic review. Lancet 2005; 365:773-80; Jefferson T. Influenza. Clinical Evidence 2006).
      Questo per limitarsi ai bambini e ragazzi. Discorso più articolato, ma in sostanza analogo, negli adulti.
L’efficacia statistica dei vaccini influenzali è molto bassa. Ci sono studi che lasciano di sasso. I vaccinati possono ammalarsi o no, come tutti. Forse che poliziotti, pompieri, medici e insegnanti sono chiamati a vaccinarsi ogni anno? No.
      Sulle riviste scientifiche non c’è evidenza che il vaccino influenzale riduca casi, complicazioni e decessi. E’ un po’ un grande effetto placebo. Costoso. Anche perché nulla può contro le infezioni batteriche alle vie respiratorie, ben più gravi. In sostanza, molta gente si ammala di bronchiti e polmoniti senza prima passare per una influenza. Che per essere tale deve dare febbre alta e altri sintomi gravi che comportano il letto. Invece sento dire allegramente da gente in metropolitana: "Oggi devo avere un po’ d’influenza..."
Sul n. 71 de “Le Journal de Michel Dogna” di maggio scorso si parla di vaccino antinfluenzale come di una truffa molto redditizia per le industrie farmaceutiche. L’articolo cita il Congresso internazionale chiamato “Projet Cochrane” che si è tenuto a Roma all’inizio del 2006 per fare il punto su 37 anni di vaccinazioni contro l’influenza. Il progetto, frutto di 25 differenti studi, ha preso in considerazione 60.000 adulti. La conclusione è stata che le vaccinazioni riducevano, nelle persone in buona salute, solo del 6% la possibilità di contrarre influenza e non aveva alcuna efficacia nelle persone anziane. A conferma di questo il Dr. Anthony Morris, virologo ed esperto responsabile del controllo ai vaccini della stessa FDA, dichiara: “Non esiste alcuna prova che il vaccino contro l’influenza sia utile. I suoi fabbricanti sanno benissimo che non serve a niente, ma continuano però a venderlo”. Un altro studio effettuato nell’Ontario (Canada) dopo una campagna vaccinatoria gratuita effettuata nel 2000 su 12 milioni di persone, è giunta alle medesime conclusioni.
      Il National Post di Ottava, il 2 maggio 2006, in merito ad uno studio fatto sui casi di influenza in Canada tra il 1990 e il 2005, a proposito dei soggetti vaccinati riportava: “Il vaccino contro l’influenza non ha ridotto il numero dei casi, mentre questa campagna è costata più di 200 milioni di dollari ai contribuenti”. E in Giappone (dove nel 1976 fu resa obbligatoria la vaccinazione in massa contro l’influenza per i bambini delle scuole) prima della vaccinazione si ammalava una persona ogni 100 mila abitanti, dopo la vaccinazione se ne ammalarono 60 ogni 100 mila abitanti. Tra i possibili effetti secondari del vaccino collegati da alcuni studi, oltre all’influenza stessa, alcune riviste di medicina famose, come il British Medical Journal, citano lo sviluppo di pericarditi acute, problemi cardiaci, encefaliti, mielopatie, occlusione della vena centrale della retina, paraplegie ecc. Infine, le ricerche non confermate del Dr. Hungh Fudenberg, immunologo statunitense, provano che esiste un legame tra le vaccinazioni regolari contro l’influenza e aumento del morbo di Alzheimer.
      Altro che nuova "spagnola", tutto finto. Lo ha fatto capire nella sua conferenza stampa anche il famoso farmacologo Silvio Garattini. E se lo dice lui, super-scientista e farmacologo... Infezione del secolo? Macché: una banale influenza stagionale fa molti più morti. Secondo il centro di osservazione specializzato dell’Istituto Superiore di Sanità (Cnesps) ,"in Italia, ogni anno si verificano in media 8000 decessi" (Epicentro).
      Che potrebbe fare di più l’influenza suina? Che finora, in tutto il mondo, ha ucciso appena 200 persone, per mantenersi larghi?
      Quindi le vaccinazioni antinfluenzali sono un imbroglio, nel migliore dei casi un’illusione. Eppure si continuano a fare. Anzi, si incrementano con ordini dall’alto.
      Ma, insomma, che cosa sta accadendo? Possibile che nel 2009 ancora giornali, tv, medici di base, insomma la tanto rinomata e attenta e critica opinione pubblica, cadano così stupidamente in un inganno degno delle più inquietanti previsioni di Orwell? E’ possibile, altro che. Anzi, sta già accadendo.
      Quello che non sempre riesce ai dittatori, sta riuscendo ai sanitari delle Organizzazioni internazionali e degli Stati, alle lobbies farmaceutiche? Pare di sì. Molti elementi diversi si incrociano e si sommano. Un grande, preordinato, effetto placebo per addormentare le coscienze. Il panico in cui cadono i politici mediocri al sopraggiungere di un’epidemia virale. L’ansia nevrotica di rassicurare, di tranquillizzare la temuta Opinione Pubblica, come se si temessero chissà quali rivoluzioni dell’ordine pubblico. Tipica sindrome folle della società di massa.
      Ma è davvero paura? Fatto sta che dietro ci sono le pressioni dei grandi monopoli farmaceutici del vaccino, che possono fare qualsiasi prezzo, con la certezza che gli Stati su invito dell’Organizzazione mondiale della sanità (WHO-OMS) acquisteranno senza fiatare la miracolosa panacea che rassicurerà governanti, politici locali e popolazioni. Amministratori della politica sanitaria che cedono alle lobbies del farmaco. I medici di base costretti dal Servizio sanitario di Stato a somministrare un vaccino che la Scienza considera inutile. Miliardi sottratti dalle tasche dei cittadini e riversati in quelle degli azionisti dell’industria farmaceutica. Chissà, forse anche bustarelle milionarie in dollari, sterline ed euro.
      E’ ora di finirla con la disinformazione continua, con la mistificazione dei dati. Vogliamo un mercato davvero libero, trasparente e senza influenze oblique dei monopoli. Signori Ministri UE-Usa, la vogliamo dare una guardatina anche tra i produttori di farmaci e petrolio?
      Naturalmente i comunisti d'un tempo, e anche quelli recenti, erano e sono incoerenti quando, per non dire di essere contro il capitalismo in sé, protestano "contro i monopoli". Proprio il comunismo anzi il massimo monopolio di Stato. E infatti, la lotta ai monopoli è una tipica battaglia liberale. A vedere certe cose, oggi, non in Uganda ma in Europa e perfino in America del Nord, Einaudi, Ernesto Rossi e Adam Smith si rivoltano nella tomba, ma i tanti finti liberali (in realtà conservatori) non muovono un dito per la vera libertà e concorrenza del mercato. Questo il punto. L’Occidente è governato dai Conservatori, non dai Liberali. Meglio non parlare, poi, dell'Est e del Sud del Mondo: lì continuano a comandare i Reazionari. Sbaglierebbe, perciò, chi prendesse la giusta campagna anti-monopoli per lotta anticapitalistica.
      "Oddio, mi succede una cosa strana, sto diventando un po' comunista. E' grave, dottore? "Si calmi, si calmi, lei è solo un po' agitato. Niente paura, per fortuna ora c’è un vaccino anche per questo!"
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VACCINI EVVIVA - Sia chiaro, questa polemicuzza è un caso particolare; questo è forse l'unico vaccino discutibile, che oltretutto non riguarda in modo specifico i bambini né è obbligatorio. Questa diatriba, perciò, non va assolutamente inserita nella più vasta campagna "No Vax", cioè anti-vaccini, che è di stampo insieme reazionario e anti-scientifico. Perfino nella retriva Chiesa cattolica, che è tutto dire, il no al vaccino (allora si trattava del vaiolo) non prevalse mai, anzi, l'inoculazione a scopo preventivo del virus vaioloso umano prima, e poi la vera e propria vaccinazione col metodo Jenner, trovarono insospettabili e appassionati sostenitori, come il conte Monaldo Leopardi, padre di Giacomo, l'abate poeta Giuseppe Parini e lo stesso papa Benedetto XIV Lambertini, come si vede in una nostra originalissima ricerca storica pubblicata sul sito "Il Mondo del Belli".
      E sbagliano anche quei naturisti e salutisti che sostenendo di seguire il "metodo naturale" in tutto si oppongono ai vaccini come se fossero dei farmaci che iniettano nel corpo umano chissà quali sostanze chimiche; mentre si tratta solo di virus attenuati o del tutto morti che non fanno altro che stimolare le nostre stesse difese immunitarie naturali, come abbiamo chiarito una volta per tutte in stile "manifesto" definitivo in un importante articolo.

JAZZ. Il pianista francese di origine italiana Michel Petrucciani in Brazilian Like. Del trio facevano parte Anthony Jackson al contrabbasso e Steve Gadd alla batteria. Stoccarda, 8 febbraio 1998.

AGGIORNATO IL 21 AGOSTO 2017

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