25 ottobre 2015

ROMA antica e moderna. Marziale e la satira contro l’invadenza dei negozianti.

Marziale aveva capito tutto 2000 anni fa sul commercio, il paesaggio urbano e l'appropriazione di suolo pubblico a Roma. La satira sotto riportata (vedi), tratta dagli Epigrammi, è attualissima. Tranne il barbiere all'aperto (ma c'era ancora a metà Ottocento!) tutto è uguale, comprese le bottiglie di bibite esposte fuori per invogliare i passanti (ma saldamente assicurate per non essere rubate..).
I Centri storici delle più antiche città italiane – e Roma ne è un antico esempio – soffocano non solo per il traffico ma anche per il caotico disordine dei commerci, sia delle botteghe stabili, sia dei venditori ambulanti, e a maggior ragione degli abusivi. Così, i cittadini si vedono costretti a usare solo una piccola parte di strade e marciapiedi, ostruiti non più solo da automobili (un assurdo nelle strette vie del Centro, progettate per persone che andavano a piedi, e che perfino le carrozze a cavalli e i carretti a mano intasavano), ma anche da chioschi, banchi, tendoni, mostra di merci, cartelli propagandistici, tavolini, sedie ecc. Camminare in città è spesso difficile: ci si sente a stento tollerati. Siamo in una casbah del vicino Oriente o nella più grande e famosa città di tutti i tempi? Sembra quasi che Roma sia stata destinata solo per vendervi merci nel più confuso disordine (“una grande bottega” a cielo aperto) o per farvi correre senza regole, anche nelle sue strade più strette, ieri carretti e carrozze a cavalli, oggi automobili e pullman per i turisti.
Contro i regolamenti municipali, non c’è negoziante un minimo astuto che non approfitti della disattenzione dei vigili per allargarsi, esponendo la “mostra” di ciò che vende, anzi la mercanzia più appetibile o a buon prezzo, anche fuori della soglia della bottega. Un tema dei giorni nostri, attuale, attualissimo, tipico – si direbbe – delle città d’arte che attirano turismo e folla di visitatori, e perciò spingono gli avidi commercianti a estendere le loro mostre sui marciapiedi ostruendo il loro stesso ingresso. E se non lo facessero loro, ci penserebbero i concorrenti ambulanti, peggio ancora se abusivi.
Meraviglierà più d’uno apprendere che è invece faccenda antica, antichissima. L’epigramma di Marziale sull’argomento è del 92 d.C., quasi 2000 anni fa. Un’ulteriore conferma, se ce ne fosse bisogno, che l’uomo è sostanzialmente sempre lo stesso, con i suoi vizi e le due furberie (se mancano i controlli e i divieti, appunto). E anche che il cittadino conserva in ogni epoca le sue esigenze minime di ordine, spazio e “vivibilità”, e fa di tutto per sopravvivere alla vita innaturale nella metropoli col minimo stress possibile. «Questo epigramma – spiega un libro di testo – tratta il problema del suolo pubblico, quello delle vie del centro di Roma occupato da venditori ambulanti [sic] che un provvedimento dell’imperatore Domiziano aveva cacciato: leggendolo oggi non si può non riconoscere che la sua attualità è sorprendente!» (Col e Saglia, cit. in nota). Già, peccato, signori Autori, che Marziale parli di bottegai, non di commercianti ambulanti o abusivi; tant’è vero che si riferisce due volte alle soglie nelle botteghe. Infine una nota sociologica: il fastidio del romano che non riusciva neanche a camminare sul marciapiedi era senza dubbio amplificato se si trattava di un aristocratico o intellettuale, visto il disprezzo che le classi superiori avevano allora verso chi faceva commercio o comunque lavori manuali.

L'INTERA CITTÀ E' OSTRUITA DAI MERCANTI

Lo sfrontato bottegaio (1)
ci aveva portato via tutta la città
e tutti gli ingressi delle botteghe
erano ostruiti. (2)
Tu, Domiziano, hai ordinato
di sgomberare le vie rese strette,
e quello che poco fa era un viottolo
ora è una vera strada.
Nessuna colonnina è più nascosta
da bottiglie incatenate, (3)
il pretore non è più costretto
a camminare in mezzo al fango
[perché i marciapiedi sono ostruiti
dalle merci],
il barbiere non impugna più il rasoio
alla cieca in mezzo alla folla, (4)
né gli sporchi chioschi
occupano tutte le vie.
Il barbiere, l'oste, il cuoco, il macellaio, (5)
ora rispettano i propri confini. (6)
Prima era una grande taverna,

adesso è Roma.

(M.Valerio Marziale, Epigrammi, LXI,VII, trad. N.Valerio)

TESTO ORIGINALE IN LATINO

Abstulerat totam temerarius institor urbem,
inque suo nullum limine limen erat.
Iussisti tenuis, Germanice, crescere vicos,
et modo quae fuerat semita, facta via est.
Nulla catenatis pila est praecincta lagonis,
nec praetor medio cogitur ire luto,
stringitur in densa nec caeca novacula turba,
occupat aut totas nigra popina vias.
Tonsor, copo, cocus, lanius sua limina servant.
Nunc Roma est, nuper magna taberna fuit.

(Marco Valerio Marziale, Epigrammi, LXI,VII)

NOTE
1. Ma perché molti traducono institor con “venditore ambulante”, come per attenuare l’invettiva? E’ forse una sorta di delicatezza politicamente corretta per non colpire la categoria dei commercianti? Eh, ma la satira è satira, e i fatti sono fatti, sia oggi che 2000 anni fa. Institor è in diversi dizionari antichi e moderni: mercante, bottegaio, negoziante, venditore. Non abbiamo mai trovato "venditore ambulante". Non sappiamo se i Romani distinguessero tra bottega al chiuso e banco provvisorio all’aperto: non lo crediamo. Anzi, da un punto di vista normativo, siamo quasi certi che noi moderni siamo migliori degli antichi. In teoria, però. Perché le norme vanno fatte rispettare. Comunque, in questo epigramma si parla due volte di soglia ostruita, sia all’inizio che alla fine. Soglia che, appunto, può essere occupata dalle merci di tutte e tre le categorie di commercianti: (negozianti stabili, ambulanti autorizzati o ambulanti abusivi, secondo la partizione dei nostri regolamenti moderni.
2. «Per le strade della città la soglia delle botteghe e delle case non si vedeva più perché occupata dalle merci», è il commento di un moderno libro di testo (Col A. e Saglia A., Verba et Imagines, II ed., Zanichelli 2005). Letteralmente: «sulla soglia la soglia stessa era inesistente». 
3. «Evidentemente, prima del provvedimento di Domiziano che determinò lo sgombero delle strade da parte degli ambulanti, questi erano soliti legare alle colonne le brocche contenenti le bibite che vendevano ai passanti, perché non venissero rubate» (Col e Saglia, cit.). La circostanza è di una attualità che meraviglia: spesso sono proprio i venditori di bibite, ancor oggi, i più fastidiosi e ingombranti.

montartre-a-parigi
4. «Tra i mestieri “da strada” c’era anche quello del barbiere, che talvolta prima del provvedimento di Domiziano prestava i suoi servizi pericolosamente in mezzo alla folla» (Col e Saglia, cit.). A Roma, come in molte altre città, il barbiere è stato a lungo, fino addirittura ai tempi di G.G.Belli (prima metà dell’Ottocento, quindi sec. XIX), un mestiere “di strada”, soprattutto per motivi di luce (fondamentale in questo lavoro), essendo le antiche botteghe buie e prive di illuminazione artificiale. 
5. L’elencazione delle categorie dei commercianti che finalmente sono costretti a tenere sgombro l’ingresso conferma la nostra ipotesi: si tratta di negozianti veri e propri e non di “ambulanti” come in genere viene tradotto non si sa bene perché (anche da Col e Saglia, cit.).
6. «Custodiscono le loro soglie», cioè «rimangono in bottega» (Col e Saglia, cit.).

IMMAGINI. 1. Mostra con manichini sul marciapiedi (da internet). 2-3-4. Il Centro di Roma moderna, di giorno e di notte, ostruita dal commercio al minuto: botteghe "regolari", ambulanti "con permesso" e abusivi (foto N. Naim). 5. Ma per correttezza bisogna ammettere che anche altre città non scherzano. Ecco il caos espositivo dei mini-store a Coventry Str., a Londra. 6. Le Sacre Coeur a Montmartre, Parigi, visto dalla viuzza ostruita da espositori di cartoline e merci per turisti.

AGGIORNATO IL 9 NOVEMBRE 2015

11 ottobre 2015

ROMA. Corrotti e poteri forti cacciano Marino, l’ingenuo che aveva capito tutto.

Altro che incompetente o "inadeguato": il sindaco Marino, vergognosamente cacciato da una vera e propria congiura di poteri e interessi obliqui e trasversali, senza un solo "perché" chiaro e fondato, è stato il primo Sindaco a manifestare nei fatti una totale discontinuità con le passate gestioni del Comune, in tutti i campi. Ed è questo che ha dato molto fastidio. Marino aveva capito tutto e subito dell'amministrazione, anzi del modo di vivere dei romani.
      La sua "ingenuità", semmai, è stata soltanto la convinzione di poter combattere il malcostume da solo, in una città in cui proprio il tessuto sociale, antropologico, è malato, in cui cioè sono i cittadini più ancora della pubblica amministrazione a essere diseducati. Perciò il Sindaco di Roma, Ignazio Marino, apparentemente il più "ingenuo", certo il meno colpevole di tutti (guardate in basso le cose che ha fatto in soli due anni, compresa la rapida riduzione del debito di bilancio), è caduto, cacciato, costretto alle dimissioni da un'evidente congiura delle categorie privilegiate penalizzate dalle sue riforme (affaristi, politicanti, maneggioni del sottobosco che si muove tra amministrazione locale e politica, commercianti, Vaticano, dirigenti comunali, giornalisti che "fanno opinione" al servizio di qualcuno ecc.), ma anche di non pochi cittadini infastiditi dalle sue denunce moralistiche da "giudice super partes", senza la minima complicità e solidarietà verso i ben noti vizi dei romani,  Ma allora a quali torture, a quali pene sadiche, dovremmo sottoporre i suoi predecessori?



      Se ne va l’unico Sindaco diverso, anti-sistema, che Roma abbia avuto dalla Liberazione. Diverso per (apparente) "ingenuità" e vera estraneità al solito “giro” dei maninpasta, degli “esperti”, come li chiamano in Politica. Proprio per questo entrammo nelle sedi del PD, dove mai eravamo entrati, per votarlo alle primarie, superando l’ironia e l’ostilità degli stessi militanti. "L'attacco a Ignazio Marino serve a perpetuare lo scempio morale e politico a cui è stata sottoposta Roma da anni", e priva "la città e, per il suo carattere emblematico, l'Italia, di un'occasione per una svolta positiva". Così inizia la petizione inviata al Presidente del Consiglio Renzi raccolta via Change da migliaia di cittadini con l'appoggio di diversi intellettuali tra cui Furio Colombo, Gustavo Zagrebelsky, Gian Luigi Beccaria, Tana de Zulueta, Ennio Di Nolfo, Enzo Marzo, Gian Giacomo Migone e altri. 

Quel che è certo è che la parabola del Sindaco Marino, iniziata appena un anno dopo la sua elezione con la mistificazione della multa alla sua Panda rossa (ma dietro il pretesto erano già visibili tutti i "perché" della congiura), è stata provocata dalla sua azione riformatrice che, per quanto ancora timida, ha seriamente impensierito conservatori e reazionari, di cui la Roma eternamente papalina è piena. Anziché "troppo avanzato" o "progressista", che li avrebbe traditi, hanno preferito definirlo con parole mistificatorie e oblique: "inadeguato", "non collegato alla città", addirittura "arrogante". Parole d'ordine dettate dai giornali di Destra, Libero e Il Giornale, a cui si sono accodati Il Messaggero del costruttore Caltagirone e gli editorialisti del Corriere della Sera (Galli Della Loggia e Polito) e della Repubblica. Fatto sta che dopo l’inchiesta della Magistratura per "Mafia Capitale", da Marino stesso innescata (aveva chiamato la Guardia di Finanza appena insediato al Campidoglio), tutti i laudatori del precedente andazzo e gli amici degli arrestati o indagati gliel’avevano giurata. Dai corrotti intermediari tra politica e affari, colpiti al cuore dal nuovo corso di trasparenza e legalità, fino alla Chiesa, offesa dalla trascrizione dalle nozze gay celebrate all'estero permesse in Campidoglio e minacciata da future tasse IMU per i conventi trasformati in ostelli per pellegrini paganti (e anche dai giusti limiti ai pullman turistici, che oggi - unica città al Mondo - arrivano fin dentro il Centro storico). Dai ristoratori colpiti da multe e chiusure del locale per la loro abitudine di occupare a sbafo il suolo pubblico col "tavolino selvaggio", fino ai commercianti ambulanti sloggiati dai monumenti. Ha detto Gian Carlo Caselli, ex procuratore antimafia: «Marino ha pestato i piedi a troppi interessi consolidati che non volevano rinunciare ai propri privilegi. L'hanno boicottato e senza bisogno di trame o alleanze sono riusciti a farlo cadere» (Gavin Jones, Reuters).
      Insomma, sia pure a ragione e in buona fede, con quella sua aria insieme goliardica e apparentemente inoffensiva un po' da eterno ragazzone anglosassone e un po' da Candido di Voltaire, Marino si era inimicato tutti gli ambienti e le categorie influenti. Si era mosso come un elefante nella cristalleria, rompendo con le sue finte "gaffes" tanti delicatissimi equilibri su cui si basava da decenni la Politica romana, come ha ben messo in evidenza in un articolo sul Fatto, Marco Pasciuti.

Dopo qualche esitazione iniziale (noi stessi lo avevamo accusato di indecisione e debolezza in qualche occasione), stava toccando ad uno ad uno tutti i nodi delle piccole e grandi illegalita romane. Dando poco ascolto alle famigerate "categorie interessate", secondo il modello sindacal-corporativo caro all'Italia consociativa di Sinistra e di Destra, perfettamente impersonato dal PD.  "Scarso collegamento col territorio", avevano sentenziato prima il PD romano (da lui accusato di opacità, confermata da Barca) e poi nazionale con lo stesso Presidente del Consiglio, Renzi. 

      Una sconfessione che equivaleva a una condanna a morte. Perfino la Comunità Ebraica romana si era fatta nemica, per aver posto limiti ai privilegi storici di una particolare categoria di commercianti ambulanti (gli "urtisti") e ai "botticellari" (proprietari e conducenti delle tipiche carrozze romane a un solo cavallo), molti dei quali ebrei. Non parliamo dei giornalisti conservatori, abituati a tessere trame e fare politica, anziché riferire notizie! Tipica la provocatoria domandina-trabocchetto su Marino con cui un oscuro reporter di SkyNews aveva circuìto il Papa in aereo. Anche quella era sembrata far parte della grande orchestrazione dello “sputtanamento” del sindaco "impopolare", "che ha troppi nemici", che "dà fastidio", l'osso duro che non tiene conto dei Poteri forti e delle categorie corporative - a Roma numerose e potentissime - , tanto più uno "di fuori", "di Genova", uno "che non si piega", uno "strano", non uno "dei nostri", ma "un marziano". Non c'è persona peggiore per un politicante e per un certo tipo di romano del tipo che appare "onesto, tutto d'un pezzo", uno che a prima vista non sembra romano: gli daranno sicuramente contro. 
firme
Così è stato facile a Sandro Vanni smontare ad una ad una in modo molto efficace (prove e documenti alla mano) le 10 vaghe, false o pretestuose accuse che hanno circolato in modo sotterraneo ("Caso Marino: tutta la verità"), compreso il bluff del parcheggio dell'auto e gli scontrini dei ristoranti, i cui giustificativi postumi hanno firme talvolta ben diverse dall'originale autografo.
      In realtà, il vero errore di Marino è stato quello di avere avuto un pessimo Ufficio Stampa, che non ha saputo comunicare in tempo reale le riforme che stava effettuando, e in particolare non ha fatto capire alla popolazione esasperata da autobus in ritardo e dalla sporcizia nelle strade che lui doveva innanzitutto occuparsi di ripianare o ridurre l'enorme deficit lasciato dall'Amministrazione Alemanno e dai sindaci precedenti (cosa che è riuscito a fare benissimo), e solo dopo il riordino finanziario avrebbe potuto occuparsi di altro.
      Ma quello che davvero gli ha messo la metà della cittadinanza contro, e non sempre la migliore, è stato l’atteggiamento. Più che un’azione in particolare, gli è stato rimproverato il tono "pedagogico" e "moralistico" con cui fin dal primo giorno si è indirizzato ai romani, come se fosse non il Sindaco, carica che è o viene vista erroneamente come un po’ “complice” dei caratteri della comunità, vizi compresi, ma una sorta di “giudice” esterno, neutrale, anzi severo, inflessibile, chiamato non solo per amministrare l'esistente, ma per cambiare mentalità, per combattere malcostume e mafia degli appalti, insomma anche per rieducare. Questo, nell'immaginario collettivo di una certa parte "strafottente" della popolazione e del mondo politico locale, tipicamente "italiana" nel senso peggiore, è stato giudicato “insopportabile”. Rivela questa posizione poco nobile, ma comprensibile psicologicamente, di cittadini che protestano infastiditi perché non vogliono essere rimproverati o educati, ma solo banalmente amministrati, una “ lettera aperta al sindaco Marino”. Ma anche alcuni illuminati hanno condiviso questa critica. Ha commentato Giovanni Hermanin su Facebook: «Se tu sei il sindaco di Roma non puoi fare comunicati stampa contro i vigili, contro la politica corrotta, contro il personale del comune di Roma, contro il personale dell'Atac o dell'AMA. Il tuo compito è mettere riparo a questo sfascio (divenuto gravissimo dopo Alemanno) e trovare il modo, insieme a quel poco o a quel tanto di politica decente che ancora esiste, di far lavorare i vigili, il personale del Comune, di garantire i trasporti, di tenere la città pulita etc...». 

      Noi non siamo d'accordo, ovviamente, pur comprendendo le reazioni di alcuni romani. Roma è purtroppo una città unica al Mondo anche in questo: il malcostume, anche nelle piccole azioni della cita cittadina, è troppo radicato e diffuso in tutti gli strati della popolazione, tra le più ineducate e strafottenti, perché a un Sindaco non spetti anche il diritto-dovere di denunciare e fustigare, e comunque di rimarcare a ogni occasione la propria "estraneità" morale. Non crediamo che questo contrasti - come certi "liberisti" estremi sostengono - col nostro essere liberali, anzi abbiamo esempi del genere già nel nostro Risorgimento: in casi estremi riteniamo giusto che amministratori e politici debbano essere anche un po' pedagoghi e maestri.

Marino sindaco era diverso anche per idee, per volontà politica. Ascoltava i comitati e i cittadini, non i Partiti o le categorie corporative. Pensate: uno che pubblica sul sito del Comune, dove Alemanno nascondeva perfino i grossi contratti, gli scontrini delle sue cene, uno per uno* (cosicché i giornalisti avversari hanno indagato perfino sulla marca e sul cru del vino scelto...), mentre poteva limitarsi a fornire - come quasi tutti i sindaci - l'ammontare delle spese annuali di rappresentanza. Scontrini che poi, in seguito a una manipolazione degli Uffici, gli sono stati fatali (v. immagine in alto e nota).
      Ora, e senza conservare gli scontrini, negli stessi ristoranti brinderanno i Casamonica, i Tredicine, gli Odevaine, i fascisti, gli speculatori sui rom e i rifugiati, i distruttori dell'ambiente, i tagliatori di alberi, gli speculatori drll'edilizia, le ditte abituate a vincere le gare, i “mazzettari”, i commercianti abusivi, i vigili poco vigili e poco urbani, i non pulitori dell’Ama, i non giardinieri, ma soprattutto gli impiegati comunali corrotti e inefficienti,e i giornalisti di Libero-Giornale-Fatto-Repubblica-Corriere-Messaggero-Rai che avevano puntato Marino fin dall’inizio, abituati a creare i fatti anziché riferirli, cioè a fare politica.
      Certo, anche Marino ha avuto i suoi difetti. Si è parlato di "ingenuità", ma ad ascoltare i suoi ripetuti attacchi alla criminalità e al malcostume diffuso, a guardare le cose che è riuscito a fare in soli due anni, non si direbbe. Anzi, aveva capito tutto e subito, e aveva attaccato il bubbone direttamente, da chirurgo. Certo, a parte un certo modo di presentarsi, che talvolta trascendeva nel goliardico e nello “stralunato”; ingenua semmai è stata l'illusione, visto che i voti a Marino erano stati molto più numerosi di quelli ottenuto dal PD, di poter governare Roma contro il PD, e - quel che è peggio - di poter fare tutto da solo, con pochi collaboratori non fidati, messigli "a disposizione" dal PD stesso! 

      Un sindaco, perciò, che era stato ostaggio del suo partito fin dall'inizio. Quando è noto, invece, che un neo-eletto amministratore, se vuole durare ed essere efficace, deve fare lo spoil system all'americana: poter contare su 50-100 funzionari fidatissimi (a livello personale) e coesi che non solo "sanno tutto" e lo consigliano, ma vanno in tutti gli Uffici, a dirigerli in modo autoritario e usando metodi spicci, per controllare e neutralizzare eventuali infidi e potentissimi dirigenti comunali conservatori o legati agli speculatori. Difetti di carattere e di organizzazione politica, come si vede, non di personalità, cioè di idee, o, peggio, morali. «Ignazio Marino ha diversi fuscelli negli occhi e non è riuscito a toglierli tutti», ha scritto Gianfranco Migone. «Sono, però, evidenti le travi negli occhi di coloro che li hanno denunciati essendo rimasti silenziosi per anni rispetto a Mafia Capitale; che hanno minato la legittimazione del sindaco eletto, ben guardandosi dall'evocare, tantomeno sostenere, gli atti che egli ha compiuto contro un sistema consolidato di corruzione».

Perciò, attenzione amici di 5 Stelle, della Destra e della finta-Sinistra, che vi apprestate anzitempo ad allacciarvi il tovagliolo del Potere, a non gongolare troppo: con voi saremo severissimi, vi faremo vedere i sorci verdi. Ricorderemo sempre a tutti quello che siete stati capaci di fare, non fare o disfare come Sindaci di Roma e di altre città d’Italia! 

      Quel che è certo, è che gli avversari di Marino, come del resto il Sindaco che gli succederà, sono e saranno peggio, molto peggio di lui.

      Ma ci ricorderemo di lui, come di un sindaco molto originale e diverso dai soliti politicanti "piacioni" del passato, capace di rampognare e denunciare, ma anche di guizzi di fantasia, quello che ci ha restituito il decoro dei monumenti (grazie a lui abbiamo potuto ammirare per la prima volta il Colosseo, il Pantheon e l'Arco di Costantino non deturpati da venditori ambulanti, ma anche la degradata piazza Testaccio trasformata in un angolo di Mitteleuropa), laico pur essendo cattolico (molto più di tanti finti laicisti o comunisti "devoti" per opportunismo politico o sedicenti atei incoerenti), indipendente dal Vaticano, alieno perfino rispetto al proprio partito, il PD, che infatti lo ha sopportato solo perché Marino piaceva ai cittadini, che proprio per la sua indipendenza lo hanno votato. E infatti, Marino ha preso molti più volti (il 50%) rispetto al 24% del PD nelle elezioni comunali del 2013. Un Sindaco che rimpiangeremo, come mostrano le manifestazione di affetto in piazza del Campidoglio di migliaia di cittadini romani e le 45 mila firme raccolte per una petizione su Change che lo invitava, invano, a ritirare le dimissioni.


Ecco quello che ha ammesso a denti stretti un blog molto critico (“Roma fa schifo”) prima di chiedere le dimissioni di Marino per ben dieci motivi: «Ignazio Marino è stato l'unico sindaco di Roma ad aver tentato di far lavorare i dipendenti comunali, ad aver osato toccare gli allucinanti privilegi dei macchinisti Atac, ad aver messo in discussione le sicurezze dei balneari [i concessionari degli stabilimenti sul mare], ad aver intaccato e non di poco l'impero economico dei clan bancarellari, ad aver ridotto al lumicino il business dei ras delle discariche, ad aver pubblicato bandi di gara per effettuare le nomine e ad aver pestato i piedini sacri d'Oltretevere portando in città qualche diritto civile in più. Si dovrà dimettere per questioni relative a qualche centinaia di euro desunte da ricevute di rimborso da lui stesso pubblicate (perché è stato anche il primo e unico sindaco a pubblicare tutte le spese di rappresentanza)». Ma è un’ammissione troppo avara, e non solo perché ha dimenticato niente di meno il Bilancio del Comune, ora per la prima volta in regola, tanto che Fitch ha migliorato le prospettive di rating. 
      Sul piano finanziario, un articolo del Sole-24 Ore tirando le somme giudica il sindaco Marino di gran lunga il più virtuoso dei sindaci. Un'inversione di tendenza macroscopica rispetto ai suoi predecessori Rutelli, Veltroni e Alemanno. Prima di Marino il debito del Comune di Roma aumentava ogni giorno di cifre impressionanti: da oltre 400 mila euro al giorno, con Alemanno e Veltroni, a 830 mila euro in più con Rutelli. Invece, con Marino sindaco, il debito diminuisce rapidamente giorno dopo giorno: in media circa 13 mila euro al giorno in meno. E di cose ne ha fatte, eccome, in soli due anni (v. lista in basso). Dalla chiusura di Malagrotta agli affitti sociali, L'Espresso ha pubblicato un articolo che sembra ispirato a questa lista e che  riconosce, sia pur malvolentieri, i meriti di Marino. Eppure, come ha spiegato in un articolo Furio Colombo, nella città dei costruttori e della Chiesa, Marino non poteva fare il Sindaco. Tutti per inscenare "Il Grande Degrado" (non è stato difficile: bastava lasciare Roma come l'aveva lasciata Alemanno), hanno giocato al tiro al bersaglio con lui, sicuri dell'impunità. Dai vigili ai giardinieri, dagli spazzini ai giornalisti, dai preti ai politicanti, "amici" e avversari. Perché era solo, solissimo. 

      Lo hanno cacciato senza mai spiegare esattamente "perché". «Vorrei sapere – ha detto Marino – quali errori mi si rimproverano, quali scelte amministrative mi vengono contestate». Silenzio. Eppure - ha ricordato nella conferenza stampa d'addio -
ha risanato i conti del Comune; ha messo fine alle assunzioni di favore ("Parentopoli"), agli amici degli amici, ai privilegi per i soliti noti; ha sbarrato la strada al malaffare; ha riconquistato lo spazio pubblico di Roma come bene comune togliendo spazio a camion-bar e tavolini abusivi che ostruivano strade e piazze; ha curato il decoro di fontane e altre bellezze di Roma; ha impostato un nuovo ciclo virtuoso dei rifiuti imponendo da zero la raccolta differenziata (nel Centro, già col "porta a porta"); riaperto la Metro C con bellissime stazioni; ha chiuso per sempre i cosiddetti "residence" e col buono-casa ha offerto un alloggio dignitoso a famiglie disagiate; ha evitato il fallimento dell'Atac, dopo aver promosso la pulizia del suo management; ha attratto capitali e nuovi investimenti sulla città; ha detto no alle nuove cementificazioni che avrebbero distrutto per speculazione nuovo territorio; ha allargato i diritti di tutti; insomma ha riportato Roma con dignità tra le grandi capitali del Mondo.
      Un sindaco che in soli 2 anni fa tutte queste cose innovative, per la prima volta in 30 anni, viene accusato di essere "inadeguato"? In realtà Marino è stato cacciato proprio dalla reazione delle categorie e dei circoli politici e di potere colpiti dalla sua moralizzazione. Perché non si era piegato all'andazzo consociativo della mala politica romana e nazionale, e quindi non andava bene ai poteri forti, dal Vaticano ai giornali, ai sindacati corporativi. L'unico Sindaco che aveva chiuso con "parentopoli" (le assunzione di parenti e amici), che aveva denunciato e posto rimedio alle pessime gestioni di Atac, Ama e Servizi Giardini, cambiato i vertici dei Vigili, rimesso in ordine il bilancio lasciatogli dai precedenti sindaci, eliminato la discarica a cielo aperto di Malagrotta, ripulito lo spazio attorno alle bellezze del Centro storico e dei monumenti, e con la pedonalizzazione dei Fori e di alcune zone del Tridente cambiato addirittura il volto della città. 
      Questo e altro ha ricordato con grande efficacia e dignità nella sua conferenza stampa di commiato, e con ancora maggior efficacia nella trasmissione televisiva su La7 ("Di martedi") nel faccia a faccia col professionale "avvocato del diavolo" Floris. Qui avrà colpito i tanti che protestano per i ritardi degli autobus la "rivelazione" (per loro, in genere disinformati) che Marino ha dovuto, prima di ogni altra cosa, eliminare il deficit dell'ATAC di quasi 900 milioni di euro lasciato da Alemanno. Ma le questioni economiche e finanziarie non interessano i cittadini romani.
      Insomma, pur nella sua ingenuità e con i suoi errori, sarà difficile sostituirlo, ora che il "marziano" non legato a nessuna camarilla ha fatto vedere che un altro modo di amministrare la Capitale è possibile. Perché non tutti possono diventare Sindaco di Roma. Perciò due volte grazie, Marino, "grazie, marziano"!

Ecco che cosa il Sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha realizzato in soli 2 anni:

1) ha chiamato la Guardia di Finanza per il controllo finanziario e di legalità il primo giorno che si è insediato in Comune [leggi qui];
2) Ha rimesso in ordine il Bilancio del Comune, che giorno dopo giorno per la prima volta da decenni vede diminuire, anziché aumentare, il deficit, come mostra in sintesi la tabella in alto tratta da un articolo molto documentato del Sole-24 Ore [leggi qui];
3) ha portato al magistrato, il procuratore Pignatone, tutta la documentazione in possesso dell’Amministrazione comunale consentendo così di dare una svolta importante alle indagini di Mafia Capitale;
4) ha chiuso la discarica di rifiuti a cielo aperto di Malagrotta dopo 30 anni, evitando così pesantissime sanzioni dall’Europa e tornando ad accedere nuovamente ai fondi europei [leggi qui];
5) ha indetto un bando internazionale per la raccolta rifiuti portando ad oggi la raccolta differenziata al 43% (prima, di fatto era pari a zero, perché a Malagrotta si inceneriva tutto) [leggi qui];
6) ha riaperto i cantieri della metro C. Nel 2013 la talpa era ferma. Lo stesso Marino ha dovuto fare una azione di forza sui burocrati ministeriali per rimuovere gli ostacoli. Dopo 2 anni la linea ha 21 fermate in più [leggi qui];
7) ha identificato un nuovo centro per i rifiuti. A settembre ha aperto Rocca Cencia per la trasformazione dell’umido a impatto zero e senza odori [leggi qui];
8) ha messo a capo dei vigli un poliziotto facendo infuriare la lobby potentissima dei Vigili Urbani (a Roma si dice che non sono né vigili, né urbani). Ha tolto loro i privilegi, ha denunciato i colpevoli della famigerata astensione dal lavoro il 31 dicembre, e ha loro imposto i turni. Come anche agli altri dirigenti comunali [leggi qui];
9) ha cacciato l’Amministratore Delegato dell'azienda di nettezza urbana AMA, poi arrestato con Mafia Capitale [leggi qui];
10) ha trovato l'azienda di trasporti ATAC dopo l'Amministrazione Alemanno con un deficit di oltre 800 milioni e lo ha risanato [leggi qui ; ha bloccato le assunzioni di favore fatte da Alemanno e molti di questi "imbucati" in ufficio li ha spediti a fare i controllori [leggi qui];
11) ha allungato i turni dei dipendenti ATAC e obbligato tutti loro (come già funziona ovunque nel mondo) a timbrare il cartellino a inizio e fine turno [leggi qui];
12) ha nominato un magistrato (il dr. Sabella) Assessore alla Trasparenza [leggi qui];
13) ha inviato le ruspe sul litorale di Ostia liberando gli accessi al mare garantiti per legge a tutti i cittadini, superando dopo decenni di passività del Comune le prepotenze dei Concessionari degli stabilimenti balneari che lo impedivano [leggi qui];
14) ha, in soli 6 mesi, portato al 90% il raddoppio della via Prenestina (nei 6 anni precedenti era stato realizzato solo il 40% dei lavori) [leggi qui];
15) ha pedonalizzato via dei Fori Imperiali, che per la prima volta è apparsa a romani e turisti una meraviglia che mette nel giusto rilievo i monumenti e il Colosseo, anziché quello che accade sulla strada e sui marciapiedi. Senz'auto, senza venditori abusivi e fastidiosi questuanti, senza camion-bar, senza bancarelle di volgare paccottiglia, senza strimpellatori assordanti. Nessun Sindaco ci era mai riuscito; molti - quelli di Destra - non avevano neanche tentato. La pedonalizzazione ha toccato aree sempre più estese del Tridente (area del Centro Storico tra Corso, Babuino e Ripetta), cosa utilissima per poter godere la città;
16) ha eliminato i famigerati camion bar per turisti dal Centro storico (e anche le orribili bancarelle che prima stazionavano addirittura davanti a Pantheon e Colosseo, impedendone la vista completa a romani e turisti). In precedenza il Comune aveva sempre avuto paura di inimicarsi le potenti lobbies dei commercianti ambulanti, facenti capo a note famiglie, rappresentate perfino in Consiglio Comunale. Per la cacciata degli “urtisti” (una storica categoria di ambulanti di souvenir e altra merce) e le lamentele di una Consigliera animalista del I Municipio contro le “botticelle” (tradizionali carrozze romane trainate da un solo cavallo) ha protestato perfino la Comunità ebraica romana. [leggi qui];
17) ha valorizzato i Fori con le luci del premio Oscar Vittorio Storaro e gli spettacoli multimediali di Piero Angela e Paco Lanciano, che sono economicamente in attivo già dal primo anno [leggi qui];
18) ha riportato all'ordine e all'attivo di bilancio il Teatro dell’Opera [leggi qui];
19) ha ottenuto ingenti investimenti nella cultura anche da parte dei privati [leggi qui];
20) ha fatto rimuovere migliaia di cartelloni abusivi che deturpavano le periferie di Roma e ha vietato le pubblicità a sfondo sessista [leggi qui];
21) sta pagando circa un miliardo di euro per debiti che si è ritrovato appena insediato, ereditati dalla Giunta di Alemanno e dei Sindaci precedenti [leggi qui];
22) ha completato il bilancio di previsione a inizio anno, e non alla fine o addirittura l’anno successivo come avveniva in precedenza [leggi qui];
23) ha stabilito nuove regole più stringenti per il bando degli appalti del Comune e l’affidamento di lavori pubblici [leggi qui];
24) ha deciso l'allungamento dei tempi di apertura degli sportelli della Metropolitana, riducendo così il numero di ingressi senza biglietto [leggi qui];
25) ha sperimentato (sulla linea B1) la timbratura del biglietto in uscita dalla Metro come ulteriore incentivo a timbrarlo [leggi qui];
26) ha acquistato nuovi cassonetti della spazzatura, mentre quelli finora installati sono utilizzati con contratti di leasing a canoni prezzo astronomici [leggi qui];
27) ha iniziato a sostituire l’illuminazione della città con le economiche lampadine a led [leggi qui];
28) dall'estate sono partiti i lavori per il rifacimento delle principali arterie stradali in previsione del Giubileo [i cantieri stradali sono ovunque, basta farsi un giro nel traffico];
29) ha finanziato il progetto per la realizzazione del piano Grande Raccordo Anulare Ciclabile (GRAB), poi bloccato dall’ultimo assessore al traffico, Esposito) [leggi qui];
30) ha fatto ristrutturare tutta una serie di monumenti (Colosseo, Fontana di Trevi, Barcaccia di piazza di Spagna, Piazza Quattro Fontane, ecc.);
31) ha varato un nuovo piano per i ripetitori radio-telefonici con lo scopo di ridurre l’inquinamento da elettrosmog [leggi qui];
32) ha istituito per la prima volta il Registro delle Unioni Civili e ha permesso la trascrizione dei matrimoni tra persone omosessuali contratti all’estero, oltre ai progetti contro il bullismo omofobico (facendo infuriare la Destra e il Vaticano) [leggi qui];
33) ha finalmente varato un nuovo Piano Generale del Traffico Urbano (PGTU) [leggi qui];
34) ha messo 300 spazzini in più nelle strade [leggi qui];
35) ha dotato di gps le spazzatrici meccaniche, per coordinarle ma anche per controllarle, visto che finora non avevano nemmeno un percorso stabilito da percorrere e perciò spesso erano ferme o facevano itinerari di comodo) [leggi qui];
36) ha ristabilito la pratica virtuosa di indire gare pubbliche, e ha indetto una gara europea trasparente anche per mettere 1000 nuovi appartamenti a disposizione dell’assistenza sociale (alloggi temporanei) [leggi qui];
37) ha cancellato 20 milioni di potenziali metri cubi di cementificazione per 160 proposte di nuove urbanizzazioni che si sarebbero riversati su 2300 ettari di Agro romano, risparmiando così il consumo di suolo [leggi qui];
38) ha cancellato altri 5 milioni di metri cubi di cemento all’Ex Snia, al Casilino [leggi qui];
39) ha revocato la delibera sulla valorizzazione delle caserme e ridotto i volumi in altre delibere come quella della ex Fiera di Roma, da 93 mila mq a 67.500 mq [leggi qui];
40) ha individuato 743 occupanti abusivi di case pubbliche sprovvisti dei titoli per abitarle perché occupanti illegali, oppure proprietari di immobili o con redditi superiori ai limiti [leggi qui];
41) Ha ridotto il Consiglio di Amministrazione di Acea (azienda di elettricità e acque) da 9 a 7 membri [leggi qui];
42) ha risparmiato 120 milioni ogni anno solamente riportano le spese compiacenti del Comune con i prezzi di mercato, come, per esempio, pagare 4800 € ogni computer ai soliti noti [leggi qui];
43) Anche per questo l'agenzia americana di rating Fitch ha alzato il punteggio del Comune di Roma da negativo a stabile, in soli due anni.[leggi qui];
44) ha spinto i Vigili a effettuare denunce (con multe e talvolta chiusura degli esercizi) per l'abuso dei "tavolini selvaggi" posti da bar e ristoranti su marciapiedi e strette strade del Centro Storico, occupazioni di suolo pubblico senza alcun permesso [leggi qui ];
45) ha riportato a bellezza e dignità la degradata piazza di Testaccio, liberata dalle bancarelle del mercato (spostato ad altro luogo) e abbellita dalla fontana delle Anfore che l'adornava negli anni 20 (v. foto).
46) ha installato “Case dell’acqua” (progetto Acea), edicole approvate dalla Sovrintendenza che erogano gratis acqua refrigerata, naturale e frizzante a scelta, nei punti nevralgici del turismo romano: Colosseo, Ottaviano, Cipro, stazioni di S.Pietro e Ostiense, a Castel S. Angelo, Auditorium della Musica ecc. Si arriverà a 100 edicole dell’acqua, con un risparmio di 1800 ton di bottiglie di plastica (5000 ton di CO2 in meno emessa nell’aria), con un risparmio per famiglia di 130 euro all’anno altrimenti destinati all’acqua minerale. Questo anche per neutralizzare le insopportabili speculazioni sulle acque minerali a danno dei turisti. Le edicole servono anche per ricaricare gratis telefoni cellulari e tablet, e consultare su monitor informazioni di pubblica utilità.[leggi qui]

47) ha istituito appena insediato l'Ufficio Rapporti con il Cittadino (URC) alle sue dirette dipendenze, per cercare di aiutare le persone in difficoltà e risolvere i problemi dei cittadini saltando le lungaggini della burocrazia [leggi qui]
E sicuramente abbiamo dimenticato qualcosa... (Documentazione in parte a cura di M. Di Donato).

Insomma, «altro che incompetente! Il sindaco Marino aveva capito tutto!», ha scritto Wolfgang Achtner sulla sua pagina Facebook. E così prosegue: «Ricapitolando, è evidente che per il connubio tra affari e politica che nella capitale voleva continuare a gestire “business as usual” Marino sia stato il peggiore dei guai che avrebbero potuto capitargli. Infatti, Marino non ha stretto patti trasversali tra i partiti per la spartizione deli uffici e degli appalti; insieme al capo della Procura, Giuseppe Pignatone, ha lottato contro la corruzione, solitamente presente in ogni ramo dell'amministrazione capitolina; diversamente dai suoi predecessori - e, in particolare da due sindaci del centrosinistra come Francesco Rutelli e Walter Veltroni - non ha rinnovato l'alleanza con i palazzinari che ha permesso a quest'ultimi di stringere Roma in una morsa di cemento senza aver costruito i nuovi rami o i prolungamenti della metropolitana promessi in cambio delle concessioni; contrariamente al suo predecessore, Gianni Alemanno, neofascista e alleato di Silvio Berlusconi, Marino non ha fatto assumere migliaia di parenti, clienti e amici all'ATAC o all'AMA, e non ha permesso alla malavita di rinnovare gli appalti lucrosi "meglio della vendita della droga" per l'assistenza ai migranti. La verità è che – a differenza di Renzi, che chiacchiere a parte si è rivelato essere un Gattopardo sotto mentite spoglie - Marino è stato un rottamatore vero. Un rottamatore che ha attaccato senza timore i centri di potere e gli interessi politico-affaristici della capitale e ha lavorato per il bene comune dei cittadini romani. Molti romani onesti, temono che l’ignobile cacciata di Marino sia servita per permettere che, come ha detto lo stesso sindaco nel suo messaggio d’addio agli abitanti di Roma, “immediatamente tornino a governare le logiche del passato, quelle della speculazione, degli illeciti interessi privati, del consociativismo e del meccanismo corruttivo-mafioso”, che per anni hanno tenuto le mani ben salde sulla città».

      E poi, come è andata a finire? Accusato di aver fatto pagare al Comune decine di cene personali e di aver approfittato di una propria associazione non lucrativa di utilità sociale, la Imagine, Marino era stato deferito dalla Procura della Repubblica addirittura per peculato, truffa e falso. Invece, prima ancora che iniziasse il processo vero e proprio, il 7 ottobre 2016 il Giudice dell’udienza preliminare, P.L. Balestrieri, lo ha prosciolto dalle entrambe le accuse, perché “il fatto non sussiste” (scontrini) o “non costituisce reato” (onlus). «Mai utilizzato risorse pubbliche per finalità private» si legge nelle motivazioni della sentenza definitiva.
      Naturale la reazione liberatoria dell’ex-Sindaco, scelto dalla stragrande maggioranza dei cittadini romani, che prima ancora di essere denunciato, era stato cacciato da una congiura di palazzo di consiglieri del suo partito, il PD, insieme con quelli della Destra e dei 5 Stelle, che anzi erano stati i primi a scagliarsi contro di lui ingiustamente. L’iniziativa era stata del Commissario del PD romano, Orfini, sembra d’accordo o addirittura su mandato del Presidente del Consiglio, Renzi, («C’è un solo mandante» ha detto Marino nell'intervista, v. sotto link ad articolo di Messina su Repubblica) succubi evidentemente delle pressioni degli ambienti più retrivi delle categorie che da Marino si sentivano minacciate nei loro privilegi. «La scelta di centinaia di migliaia di romani è stata violentata da un piccolo gruppo di una classe dirigente che si è rifugiata nello studio di un notaio», dice Marino. E ora chi paga? «Il conto di certe azioni lo paga il Paese – ha detto – soprattutto quando riguardano la capitale d’Italia». «Qualcuno ora si dovrebbe guardare allo specchio e capire se ha la statura di statista e farsi un esame di coscienza». Renzi e Orfini chiederanno scusa? Figuriamoci. L'ostinato Orfini, un politico che non appare proprio una volpe, non si dà per vinto e ancora insiste con la sua sfacciata e assurda tesi, come hanno riportato i giornali: «Abbiamo chiesto le dimissioni di Marino per la sua incapacità a risolvere i problemi di Roma. Incapacità per la quale ancora paghiamo un prezzo altissimo». Proprio contro l’unico Sindaco di Roma che (v. le sue prime realizzazioni, sopra) aveva cominciato a sanare il bilancio, a cambiare la città, le abitudini viziate dei suoi cittadini (a cominciare da Vigili urbani e funzionari comunali, che poi gliel’hanno fatta pagare...), il decoro, la bellezza delle aree monumentali, l’immagine stessa della Capitale, immettendovi anche uno spirito nuovo, più fantasioso, meno tetro e burocratico. Ma i vecchi politici non lo capiscono, e quindi lo scandalo continua: è difficile che una classe politica intellettualmente inadeguata riconosca i propri errori. Fatto sta che la Storia, sia pure ingiusta, non torna indietro: le accuse non sono state provate, è vero. Tutto come non detto. Ma intanto l’ottimo Marino, non un politicante, ma una persona normale, di grande sincerità e umanità, non è più sindaco di Roma.


(*) L'occasione che la Casta e le potenti categorie del malaffare toccate dalle riforme di Marino hanno creato e utilizzato per vendicarsi e cacciarlo è stata il presunto "scandalo degli scontrini". Per trasparenza, lo stesso Sindaco Marino aveva ordinato la pubblicazione sul sito del Comune degli scontrini di sue cene e spese di rappresentanza. Ma i giornalisti anti-Marino interrogando osti e invitati indicati nella lista ufficiale predisposta dal Comune avevano avuto alcune smentite: ne hanno dedotto che Marino avesse mangiato e bevuto qualche volta con la carta di credito comunale anche per cene private. Ora, a Sindaco cacciato, proprio dal giornale che più lo ha osteggiato, si scopre che l'abbinamento degli scontrini agli eventi in agenda sarebbe stato effettuato mesi dopo e perfino 2 anni dopo dal personale del Comune. Insomma, "a memoria" e quindi con possibili errori, come ha rivelato onestamente un blog, curiosamente sempre molto critico col Comune, che cita un inquietante articolo su "Repubblica" di Giovanna Vitale (v. foto) che non smentisce l'ipotesi della manipolazione, anzi la rafforza... Infine, ci conforta il divertente ricordo di un ex-dirigente, in altri tempi e in altri luoghi (in Lombardia), adibito al controllo delle spese dei dipendenti, scontrini compresi.

IMMAGINI. 1. La vignetta di Lemmi sul Vernacoliere. 2. La dichiarazione video del sindaco Ignazio Marino. e 4. Alcuni effetti sul decoro e il paesaggio urbano della "cura Marino": la Scalinata di Trinità dei Monti a piazza di Spagna e il Colosseo senza bancarelle o venditori (abusivi o no) dopo 60 anni. Bellezze restituite finalmente ai cittadini e ai turisti. Nessun sindaco lo aveva mai fatto. 5. La firma autografa di Marino e le strane firme a suo nome sui giustificativi: non c'è bisogno di essere grafologi per notare grandi differenze. 6. Il deficit di bilancio con Marino diminuisce per la prima volta. 7. La piazza di Testaccio tornata a nuova vita con la fontana delle Anfore /da gennaio 2015). 8. La piazza di Testaccio com'era. 9. La petizione su Change per invitare Marino a non dimettersi, con 50 mila firme raccolte in tre giorni, presentata al Sindaco dimissionario da Daniele Dezi in Campidoglio. 10. L'edicola delle tante "Case dell'acqua", naturale e frizzante, installate dal Comune a Roma. 11. L'articolo di Repubblica che rivela le elaborazioni postume degli uffici e quindi i possibili errori sugli scontrini.


AGGIORNATO IL 10 GENNAIO 2017


JAZZ. Con Lennie Tristano (piano), Warne Marsh (tenor sax) e Lee Konitz (alto sax) ecco un bellissimo ma non conosciutissimo, benché storico, album intero, "Intuition" (1949, durata 1:15:52), contenente 19 brani, tutti indicizzati per l'ascolto selettivo. Siamo in pieno periodo cool jazz e il pianista caposcuola e scopritore di talenti Tristano, di origine italiana, è uno dei maggiori teorici e compositori di questo genere.

07 ottobre 2015

LÈPANTO. Una data fondamentale per i nuovi Europei e Italiani, perfino gli atei.

Perché, in pieno Rinascimento, principi e generali appartenenti alle Signorie più ricche e potenti del Sud-Europa, dedite al mecenatismo, al culto della Bellezza e della Cultura (sia pure a beneficio di pochi eletti), decisero di perdere tempo e denaro, rischiando di perdere anche la vita, per abbrutirsi in una guerra pericolosissima con l’impero Ottomano? Perfino le pigre navi militari del Papa si mossero. Al comando del principe Marcantonio Colonna si diressero prima a Gaeta per un voto alla Madonna, poi a Messina si congiunsero col resto dell'imponente flotta della Santa Armata, che raggiunse il protetto golfo di Corinto, in Grecia. Qui, proprio davanti a Patrasso, fu combattuta la fondamentale battaglia navale di Lèpanto. Si voleva metter fine a secoli di razzie, atti di pirateria e rapimenti sulle nostre coste – ne  parla anche Boccaccio nel Decamerone – da parte dei turcheschi o saraceni.
I Turchi si espandevano da tempo a macchia d’olio. Dopo la conquista turca della veneziana isola di Cipro nel 1570 (il generale Marcantonio Bragadin che si era fidato della parola dei Turchi che garantivano una resa onorevole, fu scuoiato vivo), Venezia reagì più duramente degli Stati Uniti dopo gli attentati islamici dell’11 settembre 2001. Venezia, che allora era la “guardiana dei mari” grazie alla sua flotta e ai suoi commerci, perse davvero la pazienza e decise di stroncare una volta per tutte la prepotenza ottomana. Così mise insieme una grande alleanza. Gli Stati italiani parteciparono quasi totalmente alla coalizione, che attaccò in formazione compatta, come allora si usava, le navi musulmane dando una dura lezione alla flotta dell’impero Ottomano, l’attuale Turchia, sia pure molto allargata. Era considerato lo “Stato canaglia” dell’epoca, E l’aggressività anche militare dei Turchi è sempre stata notevole. Lepanto dimostrò che affrontati con molti mezzi, coesione e durezza potevano essere sconfitti. In ricordo della vittoria, tramandano i cronisti ecclesiastici, il papa PioV, ispiratore e capo spirituale della spedizione, ordinò a tutte le chiese di suonare le campane ogni mezzogiorno.
La coalizione che fermò e distrusse la flotta turca il 7 ottobre 1571 nella più grande battaglia navale della storia (150 mila uomini, con alla conclusione 7500 morti europei e ben 25 mila turchi) comprendeva Venezia e Genova, la Spagna e lo Stato della Chiesa, i Savoia, l'Ordine di Malta e il regno di Napoli, un’alleanza degli Stati cattolici e mediterranei contro il nemico comune musulmano che scorrazzavano in lungo e in largo nel nei loro mari.
Nessuno di questi Stati oggi sarebbe giudicato “liberale”, ovviamente, ma tutto è relativo e va rapportato alla sua epoca. Gli Stati alleati anti-ottomani e anti-islamici rappresentavano allora la “Civiltà” nel Mediterraneo, sia pure confusa con la “cristianità”, solito equivoco sui nomi e i concetti. Pur con i loro difetti gravi. Infatti, già i Riformatori religiosi del Nord Europa si stavano sollevando contro l’autoritarismo ipocrita e corrotto della Chiesa di Roma. Le 95 tesi di Martin Lutero erano state affisse sulla porta della Cattedrale di Wittenberg nel 1517. 
In pratica, le differenze – a parte l’arte e la cultura, in cui l’Occidente batteva di gran lunga l’Oriente – non erano troppo visibili nella vita quotidiana. Loro, i “cattivi”,  rapivano le nostre donne e i nostri bambini per i loro ginecei o harem e i nostri giovani per farne schiavi o eunuchi, e poi “impalavano”, decapitavano o scotennavano i nemici. Noi, i “buoni”, non eravamo buoni proprio per niente, anche se grazie alla abusiva eredità dell’Impero Romano la Chiesa si vantava di aver costruito una società più “umana e civile”, limitandosi a cacciare o umiliare gli ebrei e i primi protestanti, e usando l’Inquisizione (definita “Santa”) per costringere streghe, eretici e miscredenti presunti a convertirsi, quando non li bruciava vivi. Anzi, forse un miscredente o ebreo sarebbe vissuto con meno problemi a Smirne che a Siviglia. Quel che è certo, è che all'epoca, sia sotto la Cristianità che sotto l'Islam, nessuno poteva dire o pubblicare quel che voleva senza ottenere la preventiva autorizzazione dell'autorità religiosa e insieme politica.
Però, a parte una certa tolleranza degli Ottomani per i culti minoritari, non dovuta a spirito di libertà ma a lassismo, a disorganizzazione, a pigrizia orientale e fatalismo, era sul piano politico e dell’ordine internazionale che i “mussulmani” costituivano un pericolo, con le loro continue scorribande di pirateria e rapimenti. Senza contare le basi commerciali che impiantavano ovunque potevano..
E gli Italiani, gli Europei di oggi, come vedono Lepanto? Viene da ridere, se poniamo attenzione a quali club ultra-reazionari cattolici si sono impossessati di questo evento, e quale ignoranza sia diffusa nella società laica.
Oggi, sono talmente snervati e abulici questi cittadini, privi di cultura e quindi di appartenenza come sono, da cadere facilmente nella sindrome di Stoccolma per cui la vittima passiva e masochista è attratta dal suo carnefice. Come certe donne sono attratte dal loro stupratore, così molti Europei, soprattutto giovani sono attratti dall'attivismo e dal fanatismo. Non avendo idee forti proprie sono affascinati dalle idee forti dei fanatici loro nemici.
Certo, poi ci sarebbe stata un’altra analoga battaglia epocale, quella di Vienna nel 1683, in cui gli Ottomani furono fermati e messi in fuga addirittura in Europa, insinuatisi attraverso la spina nel fianco dei Balcani. Ma è indubbio che perfino noi atei o liberali o ebrei o semplicemente chi è disinteressato a tutto (tranne alle musichette che si ascoltano con gli auricolari, ai video-giochi, al pessimo cinema, alla tv, al pettegolezzo, al lavaggio dell’automobile, alla cura dei fiori, agli animali di casa o ai nipotini) dobbiamo la nostra libertà – bene o male impiegata – a quell’evento, senza il quale forse gli equilibri geo-politici sarebbero stati ben diversi, e – chissà – forse sarebbe stata perduta un secolo dopo la battaglia di Vienna, forse non ci sarebbe stato neanche il Liberalismo, né la Rivoluzione Francese, e noi oggi saremmo molto diversi, e non potremmo fare o non fare quello facciamo o non facciamo.
Ma anche il nome si è perso. Tanto che alla fermata della metropolitana romana intitolata a “Lepanto” molti italiani, non solo turisti stranieri, pronunciano “Lepànto” (c’è una ratio: la regola è che in it. le parole siano per lo più piane, cioè con accento sulla penultima) non sapendo di questa eccezione.
Ma se tanto mi dà tanto, i cialtroni anti-italiani di oggi – gli stessi che hanno abbandonato patriottismo, Storia e dignità di popolo alla Destra più becera, reazionaria e clericale (cosa che alla Sinistra ottusa sta benissimo: ma per fortuna la Destra è così ignorante e rozza da farne pessimo uso: si veda la propaganda cattolica-religiosa dell’evento che invece fu un grande fatto politico-militare...), anziché a Lepanto – nome dato dai Veneziani – intitolerebbero la battaglia a Nafpaktos (nome greco) o İnebahtı (turco).

IMMAGINI. 1. La battaglia di Lepanto in una rappresentazione pittorica (autore ignoto). 2. Una mappa esposta Nei Musei Vaticani.

AGGIORNATO L'8 OTTOBRE 2015