19 novembre 2017

TRAM di 90 anni a Milano; mentre nella strafottente Roma impazza l’automobile.


Cominciò il dittatore Mussolini a prendersela coi tram: li cacciò dal Centro storico di Roma, proprio dove erano fondamentali perché non inquinanti: “troppo lenti, ingombranti, antiestetici”. Ma antiestetico e ingombrante e inutilmente veloce, quindi lento, era proprio Lui. Del resto, le sue erano tipiche proverbiali fisime da provinciale: la mania di grandezza, la pretesa di vedere sempre “cose nuove”, il gusto strafottente e infantile di sfrecciare con auto veloci in faccia al popolino che andava a piedi o in bicicletta o si accalcava sui mezzi pubblici. Forse una reazione al piccolo e meschino paese dove era nato, e al più vecchio sistema di Potere al Mondo, la Dittatura.
      E pensare che già nel primo Novecento i tram elettrici scorrazzavano in un allegro caos da giostra di luna-park perfino in piazza San Pietro (v. foto), quando era ancora dell’Italia, prima di essere regalata col nefasto Concordato del 1929 allo Stato del Vaticano, con tante proprietà e tanti soldi, proprio dall’ateo cinico e opportunista di Predappio.
      Già dai primi anni del secolo i tram raggiungevano i nuovi quartieri, come il Trionfale, dedicato agli operai della fornace Veschi in valle Aurelia e agli impiegati ministeriali di basso grado, e Prati di Castello riservato ai funzionari più elevati e ai dirigenti statali e privati. E avevano capolinea nel Centro di Roma, dove stavano benissimo perché, com’era evidente anche allora, in tempi pre-ecologici, i tram elettrici non inquinavano l'aria e i polmoni dei passanti, né sporcavano facciate di palazzi e monumenti, come accadrà con gli autobus a benzina o diesel. E nelle strette vie del Settecento questo è un vantaggio impagabile per i cittadini, oggi martoriati da motorini, bus pubblici e e automobili private, che a Roma, nel lassismo di Sindaci e Sindache, e nella non-vigilanza di Vigili né vigili né urbani, pretendono di infilarsi in ogni vicolo.
      E perfino una prestigiosa Associazione di tutela urbanistica che non dico si lamentò negli anni Sessanta dei “troppi fili elettrici” in aria necessari ai tram, perché erano di "ostacolo alla vista dei monumenti". Ah sì? E i cartelloni stradali, le bancarelle, i gabbiotti fotografici, le insegne, la segnaletica ridondante, no? Silenzio.
      Così i tram a Roma fecero una brutta fine, e oggi ne sopravvivono pochi, per lo più moderni. Mentre quelli gloriosi e bellissimi degli anni Venti sono stati tolti dalla circolazione. E invece, con che potenza i tram 26 e 27 – riferiscono i cronisti – risalivano le pendici di Monte Mario fino al manicomio (così il popolo lo chiamava quando non regnavano gli ipocriti eufemismi di oggi) di S.Maria della Pietà! E che buona velocità – dicono i cultori nostalgici – raggiungevano le Circolari Rossa e Nera (anni 40 e 50) sui lunghi rettilinei! Altro che i 40 km/h di quelli di Milano, tutt'oggi.

      Perciò, siamo convinti che la conservazione dei manufatti antichi, specialmente dei mezzi di trasporto funzionanti, vale come vera e propria “archeologia tecnologica” e industriale. E che soddisfazione quando un motore degli anni Venti funziona ancora, senza obsolescenza programmata. Macchine perfette non solo perché genialmente semplici, ma anche perché consumano poca energia, si deteriorano poco, vogliono poca manutenzione, si guastano poco, insomma sono economiche. E durano anche oltre 90 anni. A proposito, quante volte per queste vetture è stata ammortizzata la spesa iniziale?
      Si tratta anche di tutela delle memorie e della propria identità storica. E perciò conservare in efficienza i tram antichi, come le automobili e le locomotive antiche, specialmente quelle a vapore, è un segno di grande Civiltà.
      Perciò, oggi che i vecchi tram gialli di Milano compiono 90 anni, ancora in esercizio, facciamo gli auguri e le nostre congratulazioni ai Milanesi. A quanto pare, sempre migliori dei romani, quelli con l’iniziale minuscola (perché la maiuscola se la meritano solo i Romani antichi).
      Per gli strafottenti abitanti dell’Urbe, infatti, come nei Paesi sottosviluppati dove ancora l’auto personale è uno status symbol e segno di arroganza individuale e sociale, solo l’automobile deve regnare in città. Loro che da pessimi anarchici non rispettano nessuna legge, solo una rispettano: la meschina quattroruote è un diritto costituzionale. Altro che tram.

IMMAGINI. 1. Tipici tram di Milano fotografati oggi; ma sono stati costruiti nel 1927. 2. Caos di tram elettrici in piena piazza S.Pietro nel primo Novecento, quando la piazza era ancora italiana ed era di là da venire il nefasto Concordato tra la Chiesa e il Fascismo del cinico ateo Mussolini. 3. Tram che da piazza Indipendenza portava gli impiegati pendolari al nuovo quartiere Trionfale, all'altezza di piazza s.Silvestro all'ora di punta. 4. La mappa dei tram a Roma nel 1926. Di lì a poco Mussolini farà scomparire i tram dal Centro storico, proprio dove erano essenziali perché non inquinanti.

AGGIORNATO IL 25 NOVEMBRE 2017

15 novembre 2017

CALCIO mondiali. Fuori perché troppo Italiani: poco severi e con troppi “amici”

La “nazionale”? Deriva da “Nazione” e il calcio quasi non c'entra. Uno Stato dignitoso, efficiente, retto da persone intelligenti, tanto più se si tratta della 7.a potenza industriale al Mondo (5.a l'altro ieri), non fa figuracce simili, anche se i suoi sport nazionali fossero football americano e rugby. Come è accaduto agli Stati Uniti che storicamente digiuni di calcio, per puro senso dello Stato e della Nazione, per poter partecipare ai tornei internazionali e far girare il nome USA, insomma per dignità di Nazione, hanno messo in piedi in pochi anni una squadra nazionale calcistica discreta se non media.
      Ma, si sa, i cretini ignoranti e disorganizzati, ma “amici degli amici” come si usa in Italia anche tra comuni cittadini (gli stessi magari che poi protestano contro il Governo…), chiamano a dirigere i vari settori persone simili a loro, vicine a loro. Io ti do una cosa, tu me ne dai un’altra. E nel sordido machiavellismo “de noantri” anche il calcio fa parte della crisi della società, dello squallore dei nuovi Italiani e della Politica, che – sia chiaro – non è peggiore di loro ma anzi li rappresenta perfettamente. Perciò, questi e altri dirigenti della Cosa Pubblica, dal calcio alla televisione, dalla scuola alla conservazione dei beni naturali e artistici, e chissà quanti altri nomi di ieri, oggi e domani, non solo degli alieni caduti da Marte, ma "sono" l'Italia di oggi: tipici personaggi della provincia furbetta italiana, buoni a nulla ma con gli amici giusti, e quindi capaci di tutto.
      E invece, tutto è collegato. Perché l’intelligenza è una e pervade tutto, quando c’è o non c’è, nel bene o nel male. Non si può essere intelligenti in un campo e scemi in un altro. Noi che deriviamo come nipoti degeneri dagli antichi Romani (quanto diversi da noi molli e corrotti cattolici pronti al perdono), sappiamo che anche per il calcio ci vogliono le doti virili e dignitose che, una volta caduti i Romani, hanno fatto forti, liberi e vincenti i Paesi del Nord e li hanno fatti emergere sui Paesi meridionali fondati sulle Mafie degli Amici: perfezionismo, efficienza, laicità. Insomma, intelligenza, rispetto solo per il merito, nessuna concessione a cordate di potere o amicizie, molta organizzazione e perfino cultura, se non altro storica-psicologica.
      Non solo per l’immagine internazionale, ma perché oggi le sanguinose guerre d’un tempo tra Europei sono state sostituite dall’economia e dal calcio, dove si scaricano – fateci caso – rivalità e violenza, di individui o di Stati. Una partita internazionale è sociologicamente e psicologicamente nient’altro che una guerra, sia pure stilizzata, con altri mezzi. C’è meno sangue (be’, dipende dagli ultras), ma non è meno aggressiva. Del resto, la durezza intimidatoria sul campo di gioco (gioco? ah-ah-ah!) di Svedesi o Tedeschi è pari a quella che le loro tribù barbariche mostravano quando scendevano nella molle e cattolica Italia medievale, a razziare ori e opere d’arte.
      Ecco perché ora che le Guerre tra noi Europei non ci sono più, e perfino quelle tra Est e Ovest, tra Nord e Sud, sono più rare, i Mondiali di Calcio sono diventati confronti altamente simbolici del prestigio nazionale, come una Expo internazionale, una parata virtuale in immagini non delle squadre nazionali ma delle intere Nazioni, insomma una parafrasi e metafora scoperta delle rispettive “potenze di fuoco” da ostentare “a scopo di prestigio” (si dice), in realtà a scopo deterrente, intimidatorio. Anche questa è Politica Internazionale, esibizione di Grandeur.
      Però, c’è un “però”: ci sono gli Italianuzzi. Che riducono tutto a operetta, anzi a commedia che poi diventa tragedia. I dirigenti o politicanti cretinetti eletti da noi Cretinetti (il nome sostantivato dei popoli va per rispetto in maiuscolo…) queste cose non le capiscono, non hanno la logica elementare. Danno importanza per via del business solo ai Club, alle squadre di calcio, mentre considerano pochissimo, quando non boicottano, la squadra Nazionale di soli Italiani. Così imbottiscono tutte le squadre del campionato italiano di calciatori stranieri (ormai ci sono squadre che mandano in campo solo un calciatore italiano o perfino nessuno), in vista del calcio-spettacolo di "fenomeni" preteso dalla plebe come al Circo dell’antica Roma.
      Poi fanno finta di cadere dalle nuvole e osano lamentarsi del “vivaio inesistente”, della “scarsità delle vocazioni”, visto che il Paese non offre nuovi calciatori e non si riesce a mettere insieme una Nazionale con almeno 22 giocatori tenaci, bravissimi non solo nel dribbling, ma anche a fare cross precisi, continui allunghi aerei in area avversaria, o a tirare calci d’angolo precisi o rigori centrati, in un Paese di oltre 50 milioni di abitanti.
      Ma, come ho detto, il problema è sempre lo stesso: etico-politico e culturale. E se i meschini rag. Rossi di Lambrate o geom. Russo di Isernia non cambiano mentalità, se continuano a raccomandare, ad aggirare le norme, e a non educare severamente alla cultura e al senso critico i figli, non solo la Politica e l’Economia in questo Paese distrutto dalla Democrazia di Massa e dalla Televisione, ma perfino il finto gioco del calcio, in realtà spettacolo e business, come ogni altra bandiera della dignità di una Nazione, ci daranno solo sconfitte.

AGGIORNATO IL 16 NOVEMBRE 2017