18 dicembre 2017

TOMBE poco onorevoli. Perché il cinico re Vittorio Emanuale III no e gli altri sì?

Non solo la Comunità Ebraica italiana, che giustamente ricorda la firma del Re sulle leggi razziali di Mussolini, ma anche altri Italiani hanno protestato per la traslazione dopo 70 anni delle spoglie del Re d’Italia, Vittorio Emanuele III di Savoia, da Alessandria d’Egitto al santuario di Vicoforte (Cuneo), pochissimi giorni dopo quelle della moglie, la regina Elena, che riposavano finora a Montpellier (Francia).
      Altro che l’impossibile Pantheon, come chiedeva una parte dei Savoia. Perfino il saggio permesso del Presidente della Repubblica, Mattarella, limitato all’inumazione in Italia, in tono minore e con riservatezza estrema, nel santuario privato dei Savoia, è stato contestato. L'Istituto Storico della Resistenza di Cuneo in un comunicato  circostanziato ha lamentato che a causa del segreto e del fatto compiuto sia mancato il minimo dibattito storico, in cui anche un'ammissione di colpe sarebbe stata educativa per i giovani.
      Perché è ovvio, come spiega la Storia stessa: il favore del Re Vittorio verso il Fascismo gli ha precluso l’onore condiviso della Nazione intera, comprese le onoranze, altrimenti doverose, nel Pantheon. E anzi, tra i critici più severi, si è fatto strada il timore che la giusta sepoltura in Patria possa risolversi in una sorta di rivalutazione implicita di una Casata che nel Novecento ha dilapidato l’enorme credibilità che aveva accumulata agli occhi degli Italiani ai tempi del Risorgimento.
      In particolare, la firma reale apposta da Vittorio Emanuele III sotto le leggi razziali volute nel 1938 da Mussolini per ottusa emulazione di quelle di Hitler, fu vissuta come un tradimento dalla Comunità Israelitica. E infatti, riferiscono gli storici, fu una scelta molto “sofferta”, perfino in quel poco sensibile sovrano. Gli Ebrei italiani erano ultra-patriottici, come mostra la vita di Amelia Rosselli Pincherle, sempre in prima fila nel Risorgimento e nel sostegno sia al Governo (il segretario particolare di Cavour era l’ebreo Isacco Artom), sia alla Casa Reale (la dama di compagnia della regina Margherita, consorte di re Umberto, era l’ebrea Amalia Pincherle, moglie dell’eroe italiano Cesare Rovighi, medico e militare, diplomato al Collegio Rabbinico di Modena e fondatore della prima rivista ebraica italiana).
      Ma, allora, se per tutta la serie di gravi errori del sovrano, peraltro condivisi, tranne forse la persecuzione degli Ebrei, dalla maggioranza degli Italiani (condivisione che nessuno ricorda mai; eppure basterebbero le cronache del primo Dopoguerra), le spoglie di re Vittorio Emanuele III, a differenza di quelle del nonno Vittorio Emanuele II che riposano nel Pantheon, non appaiono degne di una sepoltura monumentale e onorevole, quali sarebbero a ben vedere gli Italiani degni d’una simile tomba in Patria?
      Diciamolo subito: le tombe dei grandi monumenti nazionali resterebbero vuote con i criteri che si pretendono per il nostro ultimo Re, Vittorio Emanuele III, accusato dagli storici di essere stato un regnante arido, cinico e ottuso, oggi accolto dopo 70 anni di esilio tra non poche proteste in una tomba monumentale, sia pure privata, in Italia. Re Vittorio è reo di aver permesso quasi da solo vent’anni di dittatura del Fascismo. I Reali Carabinieri, infatti, erano in grado – fecero sapere – di arrestare in poche ore Mussolini: sarebbe bastata una firmetta del Sovrano. Così il suo movimento di cialtroni improvvisati, violenti ma al dunque cagasotto, si sarebbe sciolto come neve al sole, incapace di sopravvivere ai 10 anni di carcere comminati ad almeno un centinaio di persone. Ma Lui disse no e la firma non ci fu e Mussolini imperversò sull’Italia per vent’anni, portandoci oltretutto a una guerra disastrosa e allo sfacelo di cui paghiamo ancora le conseguenze. Come poter onorare, dunque, un Re del genere?
      È vero, non è degno. Ma allora chi sarebbe degno? Ne vedrei pochissimi. Con criteri etico-politici solo un poco severi, non solo i Sacrari, i Monumenti funebri, i Cenotafi senza salma, ma anche i normali Cimiteri italiani sarebbero o vuoti o pieni di tombe senza nome: nessuno davvero degno di essere sepolto come italiano. Infatti l’unico indiscusso e quindi “degno” per definizione, è il Milite Ignoto.
      Basta dire che abbiamo dato sepoltura, e pure con onoranze ricorrenti, ai peggiori tangheri sanfedisti e filo-Borbone, a chi denunciò, condannò e giustiziò la Pimentel Fonseca e gli altri grandi liberali napoletani, e per converso ai generali napoletani che repressero nel sangue la giusta rivolta della Sicilia, compreso chi bombardò dal mare l’eroica città di Messina; ai tanti governatori, gerarchi e traditori filo-Austria, ai crudeli “visir” italiani dei tanti Principati assoluti italiani e stranieri; ai censori di ogni ordine e grado (uno fu l’insospettabile G.G. Belli), ai crudeli persecutori in tonaca nera che applicarono la Santa Inquisizione della Chiesa; a un ministro di polizia in tonaca rossa poi divenuto Papa fanatico che ordinò violenze psicologiche e fisiche imponendo a tutti col terrore di "tratti di corda" e scomuniche Catechismo e Rosario, Penitenze e Processioni. E un altro Papa italiano, che prima illuse poi tradì gli spiriti nobili e liberali del Risorgimento, non so più se è stato fatto Beato o Santo. E perfino l’incapace ammiraglio di Lissa, che causò molti morti, dorme il sonno eterno tra quattro marmi. Senza contare gli arroganti e cinici comandanti della Grande Guerra colpevoli di centinaia di migliaia di morti tra le truppe italiane, i militari felloni di ogni ordine e grado, i giudici venduti, e così via.
      Se gli Italiani veri da onorare con una tomba monumentale fossero solo quelli belli, alti, eleganti, intelligenti, colti, umanisti, scienziati, con gli occhi azzurri, giusti, generosi, non faziosi, quelli senza peccato, che non hanno sbagliato né amici né nemici, né moglie né marito, amanti anche dei bambini, dei cani, della natura, e ovviamente col senso della Patria e della Storia, e pure anti-autoritari e difensori sommi della libertà (quella vera, cioè degli altri, non la propria) più di Einaudi-Croce-Cavour messi insieme [a proposito, oggi Cavour sarebbe deferito per alto tradimento, perché voleva fare tutto da solo, e quindi come “ducetto” non meriterebbe né tomba né vie, né piazze], ebbene, staremmo freschi. Nessuno si salverebbe in un Popolo fazioso, ambiguo, traditore, o autoritario o servo interessato dell’Autocrate di turno (Papa, Re o Dittatore che sia), comunque incolto e immaturo da secoli. Neanche Dante si salverebbe. Che facciamo? Distruggiamo le tombe dei “filofascisti” Marconi e D’Annunzio, dei “cattivi maestri” Machiavelli e Guicciardini, Mosca e Pareto, del “manigoldo” Caravaggio, del duplice “omicida” anche “femminicida”, diremmo oggi, Gesualdo da Venosa; per non parlare di filosofi ambigui e preti fanatici, frati ottusi e fanatici, generali inetti e medici incapaci, giuristi corrotti e traditori vari a go-go…
      Bella l’Italia, senza una tomba da onorare! Anche perché i famosi "malvagi", i Dittatori, i Re e Principi cialtroni (non solo tra i Savoia, ma dieci volte di più tra i Borbone e gli altri), i Papi fanatici e liberticidii, ebbero, eccome, il plauso popolare. Vuoi per adesione aperta, vuoi per viltà, vuoi per il tipico spirito servile degli Italiani (lo dice perfino il nostro Inno Nazionale: caso unico al Mondo!) i cittadini sono stati corresponsabili, non solo vittime, degli atti dei prepotenti, insomma complici. Ecco perché l’unico morto onorevole, non per caso, Ignoto, innominato, è quello scelto a caso e posto in una tomba-monumento sull'Altare della Patria.. Perché, diciamola tutta, se fosse noto e con un nome, sai come ci apparirebbe squallida la sua personalità, la sua vita!
      Ha detto bene sulla sua pagina Facebook Duccio Trombadori con una frase che ha innescato nella mia mente questo articolo: «una tomba in Patria non si nega neanche al peggior delinquente». Appunto quello che si è detto sopra. Pantheon no, perciò, ma tomba di famiglia sì. Anche se altri Grandi Reprobi, ormai indiscussi, il Pantheon figurativamente, cioè non esattamente in piazza della Rotonda a Roma, ma in altri analoghi luoghi pubblici, se lo sono meritati lo stesso. Ma si vede che settant'anni sono ancora pochi. Come ha precisato il Presidente del Senato, Grasso, su re Vittorio Emanuele III «le responsabilità prima, durante e dopo l’avvento del Fascismo, così come la firma delle vergognose leggi razziali, non consentono alcun revisionismo». Perciò «il rientro della salma in Italia, essendo stata esclusa categoricamente la possibilità della tumulazione al Pantheon, è un mero atto di umana compassione, senza alcun onore pubblico, gestito con prudenza e sobrietà». Insomma, ha aggiunto il ministro dell’Interno Minniti, si tratta di «una vicenda ordinaria per un Paese che dopo decenni riesce a fare i conti con un pezzo della propria storia, non per dare ragioni o torti, ma per dare pietà».

AGGIORNATO IL 20 DICEMBRE 2017